«Noi “parkinsonauti” sempre in sella, pedaliamo per superare i nostri limiti»

Angelo Gualtieri. Nonostante il Parkinson, ha partecipato a 5 triathlon e attraversato a nuoto lo Stretto di Messina.

Contemplando il panorama dalla vetta di una montagna si ha la sensazione di abbracciare un orizzonte senza limiti: «Una cima raggiunta - scrive Erri De Luca - è il bordo di confine tra il finito e l’immenso». Per i ciclisti della «Bike riding for Parkinson 2022», promossa dall’associazione bergamasca Parkinson & Sport guidata da Stefano Ghidotti, questo significa superare la fatica, i limiti imposti dalla fragilità e dalla malattia, poterli guardare dall’alto. Nei giorni scorsi hanno pedalato dal Passo del San Bernardo fino a Pavia sulla via Francigena. Sono partiti in 17, accompagnati da un camper, un furgone e un’auto, per garantire loro l’assistenza necessaria.

«Il vero motore per noi è il gruppo - spiega Angelo Gualtieri, 51 anni, uno dei “parkinsonauti” -. Ci sosteniamo a vicenda e durante il percorso ognuno è portato a superare i propri limiti, ottenendo a volte miglioramenti inaspettati. Persone che prima faticavano a muoversi, riescono a seguire autonomamente in bicicletta buona parte del percorso in gruppo con gli altri». Il programma prevede tappe di circa cento chilometri al giorno.

L’iniziativa della «Bike riding for Parkinson» è arrivata alla terza edizione: «Per me - continua Angelo - è la seconda. Nel gruppo si respira un grande entusiasmo e i partecipanti arrivano dall’Olanda, dalla Svizzera e da ogni parte d’Italia, uniti dalle attività dell’associazione sui social network». Molti comuni e gruppi di volontariato lungo il percorso hanno aderito alle attività di sensibilizzazione e di incontro promosse in occasione della «Bike riding», alla quale è associata anche una raccolta fondi a sostegno di un progetto sperimentale di «Neurofeedback per il Parkinson» promosso dall’associazione Parkinson Canavese (per informazioni https://bikeride4parkita.it/).

Angelo ha avuto la diagnosi di Parkinson due anni fa: «Mi sono accorto che qualcosa non andava, perché muovevo con difficoltà una gamba e non riuscivo a scrivere bene. Ci ho messo un bel po’ ad ammettere che cosa stava accadendo e a farmi visitare, era già passato quasi un anno dalla comparsa dei primi sintomi, perché mi sentivo smarrito e un po’ impaurito». Anche suo nonno Antonio ha avuto il Parkinson: «Non è morto a causa di questa malattia, anzi, è riuscito a convivere con essa per ventiquattro anni, e in tutto questo tempo io ho assistito a tutti i cambiamenti avvenuti nel suo corpo e nelle sue capacità di movimento. Ogni anno la malattia gli toglieva qualcosa, ma lui ha sempre lottato e ha trovato degli escamotage per poter portare avanti le sue attività e continuare a realizzare tutto ciò che desiderava. Mi sono rivisto in lui, anche per questo all’inizio non volevo rivolgermi a un medico. In fondo al mio cuore conoscevo già la diagnosi, ma ho dovuto trovare il coraggio di affrontarla. Quando ci sono riuscito, ho attinto all’esperienza di mio nonno, cercando di imitare la sua tenacia e determinazione, fondamentali per superare qualsiasi difficoltà».

La malattia di Parkinson è neurodegenerativa, a evoluzione lenta ma progressiva, e coinvolge principalmente le funzioni di controllo del movimento e dell’equilibrio: «Non è molto conosciuta - sottolinea Angelo - nonostante sia parecchio diffusa e su di essa circolano ancora tanti luoghi comuni, come per esempio che sia una patologia degli anziani. Purtroppo riguarda invece anche persone giovani. Dopo la diagnosi ho cercato notizie e contatti sui social network, e così ho incontrato Stefano Ghidotti e l’associazione Parkinson & Sport. Tra noi è nata subito una bellissima amicizia. Ci siamo incontrati per la prima volta verso la fine del 2020, quando ancora eravamo nel pieno della pandemia. Mi hanno prospettato la possibilità di dedicarmi allo sport, e in particolare al triathlon e mi sono buttato». Tre discipline come nuoto, ciclismo e corsa, portate avanti simultaneamente con allenamenti mirati: un bel passo per Angelo, che prima della diagnosi non praticava sport con continuità. «Andavo a correre, frequentavo saltuariamente una palestra, ma dopo la diagnosi ho capito che lo sport rappresentava per me un’opportunità importante, così ho fatto tutti i test, mi sono procurato l’attrezzatura e via».

Nel 2021, l’anno del suo cinquantesimo compleanno, ha partecipato a 5 triathlon e alla Bike riding for Parkinson: «Sull’onda dell’entusiasmo - racconta - ho anche attraversato a nuoto lo stretto di Messina, una sfida impegnativa. E poi ho fatto tanti giri in bicicletta, partecipando ad alcune Gran Fondo, corse in bici da 120 a 170 chilometri».

Se convivere con una malattia poteva rappresentare una battuta d’arresto, Angelo ha saputo invece trasformarla in un’opportunità: «Il Parkinson in modo imprevisto ha dato una svolta alla mia vita. L’ho visto accadere anche ad altri amici dell’associazione, come Daniele, che dopo aver avuto la diagnosi a soli 35 anni è diventato papà per la terza volta e non sta mai fermo. Noi parkinsonauti di “Parkinson & Sport” abbiamo due farmacie, una è quella tradizionale, a cui dobbiamo comunque sempre fare riferimento, l’altra è quella dello sport, che fa bene al corpo ma anche alla testa, offrendoci un supporto fondamentale».

Le attività dell’associazione diventano un punto di riferimento, quasi una seconda famiglia: «Anche chi non ha voglia di fare sport - osserva Angelo - viene aiutato dal gruppo, dalla voglia di stare insieme e di condividere. Fra di noi non parliamo della malattia ma delle nostre performance, confrontando quanto tempo impieghiamo per percorrere un chilometro. Stefano quest’anno ha partecipato anche alla maratona di Roma, per noi è un esempio e uno stimolo».

Angelo vive a Camisano, vicino a Crema, ma è diventato «bergamasco d’adozione» grazie allo sport e alle sue attività nell’associazione: «I soci ora sono oltre trecento. Tra loro ho trovato tanti nuovi amici e frequentarli mi ha aiutato a guardare la vita da un’altra prospettiva. Nonostante abbia avuto qualche problema supplementare di salute nell’ultimo anno non ho mollato gli allenamenti, e ora sto riprendendo i ritmi abituali. Continuo a lavorare nell’impresa edile di famiglia, anche se ovviamente dal punto di vista fisico non riesco a sostenere gli stessi carichi di prima. Stare in cantiere mi piace, mi aiuta ad allontanare i pensieri negativi. Al lavoro cerco comunque di affiancare sempre due o tre ore di allenamento. Nel mio caso la malattia non si manifesta con i classici tremori, ma con rigidità di movimento: ogni tanto trascino una gamba e fatico a muovere un braccio. Come faceva mio nonno, quando mi accorgo di avere difficoltà a svolgere un particolare compito cerco un metodo alternativo o un ausilio che mi permetta di superare l’ostacolo. Non voglio permettere a Mr Parkinson di dettare le regole».

Angelo vive da solo: «Sono autosufficiente e riesco a gestire bene le faccende quotidiane. Posso comunque sempre contare sul sostegno della mia famiglia e degli amici dell’associazione. Non passa un giorno senza sentire Stefano, ci aiutiamo a vicenda. Apprezzo molto la sua precisione, l’attenzione che riserva alle esigenze di tutti e la generosità con cui si impegna per l’organizzazione delle nostre iniziative. Spaziamo tra diverse attività, ora c’è per esempio un gruppo che si cimenta in percorsi di trekking, anche in montagna, con diversi gradi di difficoltà. È una soddisfazione vedere che la partecipazione si allarga e che lo sport migliora la vita di tutti. Quando ho capito quanto mi facesse bene muovermi e seguire con costanza gli allenamenti lo sport è diventato una componente irrinunciabile delle mie giornate, guai se non ci fosse».

Le iniziative di Parkinson & Sport hanno una ricaduta importante anche per l’informazione e la sensibilizzazione: «C’è bisogno di parlare di Parkinson e di smontare gli stereotipi più diffusi su questa malattia, perché per noi rappresentano spesso un ostacolo in più».

Angelo ogni mattina si alza presto per allenarsi: «Di sera invece dopo il lavoro vado a nuotare. Non mi pesa prendermi il tempo necessario, perché so che mi aiuta a stare bene e a contrastare i sintomi. L’esperienza della Bike Riding, poi, è speciale. Certamente è faticoso percorrere ogni giorno quasi 100 chilometri in bici, ma farlo in gruppo è meno pesante e si innescano grandi trasformazioni nelle persone. C’è chi ha iniziato con un’autostima bassissima, ritenendo di dover approfittare subito del furgone, invece poi pedalava come gli altri. Fra loro per esempio c’è Samantha Vizentin, che arriva dall’Olanda e quest’anno ha partecipato per la terza volta. Qualche anno fa per camminare si appoggiava al deambulatore, grazie allo sport è migliorata moltissimo».

La prima volta è partita come accompagnatrice: «Pensavo di non riuscire a pedalare - racconta Samantha - poi però osservando il gruppo dei corridori, composto da persone malate di Parkinson come me, mi sono chiesta perché non provare. Una volta rientrata ho iniziato ad allenarmi. L’anno scorso sono salita in sella con gli altri, usando una bicicletta a pedalata assistita e sono riuscita a portare a termine quasi tutto il percorso. Quest’anno quindi ho deciso di ripetere l’esperienza». Sulla maglietta dei «parkinsonauti» c’è scritto «Non ci fermerai», e non è solo uno slogan: «La Bike Riding dura una settimana - commenta Angelo -, ma ci dà slancio anche per la vita quotidiana. Mettiamo da parte le paure e la malattia scivola in secondo piano, permettendoci di trasformare davvero l’ostacolo in un trampolino, di stare meglio e guardare la vita con un sorriso, alla faccia di Mr. Parkinson».

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