Pensioni di reversibilità: «No tagli
Basta far cassa con le vedove»

«Nessun taglio e nessun altro tipo di provvedimento che vada a colpire le pensioni di reversibilità, né quelle in essere né quelle future».

In Lombardia ci sono circa 600.000 pensioni di reversibilità. In provincia di Bergamo sono poco più di 70.000 (di cui 60% a donne) su 275.000 pensionati, di queste, 54.000 percepiscono meno di 750 €; poco più di 16.000 non arrivano a 500 €, solo 400 arrivano a 1000 € (il tutto per una media di poco più di 692 €).

In un caso su tre l’assegno di reversibilità costituisce l’unica forma di reddito (il 67,5% dei percettori la cumula invece con altre pensioni), che si somma alla casa di abitazione lasciata in eredità dal coniuge. «Ancora una volta si cerca di fare cassa colpendo non solamente coloro che hanno versato contributi per una vita, ma anche i coniugi superstiti, considerando la pensione di reversibilità non come previdenza, ma come assistenza».

Il coordinamento Donne della Fnp Cisl di Bergamo attacca l’ipotesi formulata dal Governo di «metter mano» alle pensioni di reversibilità, che rappresentano un pezzo fondamentale dello Stato sociale per circa 3 milioni di «superstiti»: in buona parte vedove, che percepiscono per tutta la loro restante vita, in base al reddito, dal 30 al 60% di quella che era la pensione del marito deceduto. Per questa voce si spendono circa 24 miliardi di euro l’anno».

Già adesso le pensioni di reversibilità sono decurtate in ragione del reddito personale. Infatti vengono garantite al superstite (60% della pensione del partner defunto) con un reddito fino a tre volte il minimo, cioè 1.505 euro lordi al mese, mentre subiscono già ora ulteriori tagli per chi ha redditi maggiori: 25%: per redditi sopra i 19.573,71 euro; 40%: sopra i 26098,28 euro, e 50%: per redditi pari o superiori a 32622,85 euro.

«Siamo assolutamente contrarie a queste ipotesi - continua il documento firmato dal Coordinamento delle pensionate Cisl - che rischiano di creare nuovi poveri che andrebbero comunque assistiti. Inoltre, in futuro, con il calcolo contributivo non riconoscere la reversibilità come forma pensionistica significa non riconoscere i contributi versati. La reversibilità non può essere considerata una prestazione di natura assistenziale perché è legata al versamento di una contribuzione».

«Ancora una volta si tenta di fare cassa sulle spalle delle donne, che hanno sacrificato la loro vita in un welfare famigliare tanto decantato, ma poco riconosciuto. Auspichiamo che tale provvedimento contenuto in un contesto di lotta contro la povertà venga stralciato: se si deve dare qualcosa ai poveri non bisogna toglierla a chi è appena meno povero».

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