Processo Ros: «Conte assolto
perché estraneo alla squadra»

L'ex pm di Bergamo, Mario Conte, non era a conoscenza della gestione illecita delle operazioni antidroga portata avanti, negli anni Novanta, dai carabinieri del Ros, ma si fidava di loro e non ha commesso, nelle sue funzioni, alcuna irregolarità.

L'ex pm di Bergamo, Mario Conte, non era a conoscenza della gestione illecita delle operazioni antidroga portata avanti, negli anni Novanta, dai carabinieri del Ros, ma si fidava di loro e non ha commesso, nelle sue funzioni di sostituto procuratore, alcuna irregolarità.

Si possono riassumere così le oltre 800 pagine di motivazioni, appena depositate, con cui i giudici di Milano spiegano le ragioni della «clamorosa» assoluzione del magistrato, ora giudice civile, arrivata lo scorso luglio, dopo quindici anni dall'inizio delle indagini a suo carico.

«C'è un giudice anche a Milano, ho passato quindici anni a difendermi nelle aule dei Tribunali, ho rinunciato alla prescrizione e alla fine le carte del processo hanno parlato», aveva commentato a caldo, quasi con le lacrime agli occhi, Conte dopo il verdetto del 18 luglio scorso.

Ora quelle carte hanno ripreso a parlare nelle dettagliate motivazioni dei giudici (Locurto-Rispoli-Bernazzani) dell'ottava sezione penale. Mancano, intanto, pochi mesi alla ripresa del processo d'appello – fissata per il 5 aprile – a carico, tra gli altri, dell'ex comandante del Ros, Giampaolo Ganzer, e del maresciallo Gilberto Lovato, che negli anni Novanta era capo delle cosiddetta «squadretta» di carabinieri che gestiva le operazioni antidroga sotto copertura con l'insegna del Nucleo anticrimine di Bergamo.

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