Profughi: in prima linea solo la Caritas
Un’emergenza destinata ad aumentare

Ogni anno un’emergenza. E non solo profughi. Il conflitto in Terra Santa, il terremoto in Nepal, i cristiani perseguitati in Iraq e Nigeria.

E poi le emergenze di casa nostra, che vanno dagli aiuti ai terremotati - ultimi in ordine di tempo quelli dell’Abruzzo - a quelli per le famiglie in difficoltà con crediti sociali e prestiti della speranza.

In prima linea di fronte alle tragedie planetarie e ai drammi che si consumano nei confini italici c’è sempre un nome: Caritas. Quella degli ultimi mesi è però un’emergenza nell’emergenza, che divide l’opinione pubblica. A chi giovi alimentare tensioni, alzare barricate, gettare benzina sul fuoco non è dato sapere.

Rimane il fatto che a sporcarsi le mani, pur di fronte alle accuse di lucrare sulla pelle dei profughi, ci sono solo i 70 operatori della Caritas e quei volontari che non riescono a rimanere insensibili di fronte a persone che hanno subito torture e che hanno ancora la pelle bruciata. Fuor dai denti, la Caritas Bergamasca - come le consorelle delle altre province - si è sostanzialmente ritrovata a gestire l’accoglienza degli immigrati da sola, di concerto con la Prefettura.

Ad oggi l’accoglienza in strutture della Chiesa Bergamasca (oltre a Caritas e Cooperativa Ruah, anche comunità Rinnovamento) è rivolta a 770 persone (650 solo della Caritas). Nelle 3 palestre di Filago, Trescore e Romano vi sono invece 135 immigrati.

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