Clima, la riapertura del dialogo tra Cina e Stati Uniti è un risultato importante

Crisi climatica.«Un risultato importante è la riapertura del dialogo tra Cina e Stati Uniti. Si tratta di un dialogo fondamentale per realizzare una coalizione abbastanza ampia da raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Il dialogo si era interrotto con l’amministrazione Trump ed era peggiorato negli ultimi anni. Mi sembra che questa apertura sia un buon segnale».

«Un risultato importante è la riapertura del dialogo tra Cina e Stati Uniti. Si tratta di un dialogo fondamentale per realizzare una coalizione abbastanza ampia da raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Il dialogo si era interrotto con l’amministrazione Trump ed era peggiorato negli ultimi anni. Mi sembra che questa apertura sia un buon segnale».

Continua il dibattito sulla conferenza dell’Onu sul clima Cop 27, terminata a Sharm el-Sheikh il 20 novembre. «Considerando che doveva essere una Cop di implementazione, non posso nascondere un po’ di delusione sugli esiti» dichiara Simone Borghesi, direttore di Florence School of Regulation – Climate e presidente di Eaere, l’Associazione europea degli economisti ambientali e delle risorse naturali.

«Ci sono sicuramente alcuni elementi importanti da salvare. Primo tra tutti il raggiungimento di un accordo su “loss and damage”, il risarcimento dei danni. Parliamo di una questione sollevata da ben trent’anni, quando nel 1991 la Repubblica di Vanuatu propose un sistema internazionale di compensazione dei piccoli stati insulari a rischio di essere sommersi dall’innalzamento del mare, finanziato da parte dei Paesi responsabili delle emissioni di gas serra. Quello del “loss and damage” rappresenta un risultato storico, ma resta un accordo ancora da riempire di contenuti e da implementare e del quale parleremo ancora per un bel po’ di tempo, perché i passaggi più importanti avverranno in seguito».

Il ruolo della Cina nelle politiche climatiche

«I problemi del futuro per le politiche climatiche – continua Simone Borghesi – riguardano soprattutto il ruolo della Cina, che si dichiara Paese in via di sviluppo ma in realtà non lo è. È fondamentale che riconosca il proprio ruolo a livello mondiale e la propria crescente responsabilità. In questo senso, un risultato importante è quello ottenuto al G20 a Bali, la riapertura del dialogo tra Cina e Stati Uniti. Si tratta di un dialogo fondamentale per realizzare una coalizione abbastanza ampia da raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Il dialogo si era interrotto con l’amministrazione Trump ed era peggiorato negli ultimi anni. Mi sembra che questa apertura sia un buon segnale».

«Speravo che alla Cop 27 si ottenesse qualcosa di più sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, che regola gli aspetti legati ai mercati del carbonio e la cooperazione internazionale in questo contesto: questo tema al momento è stato sostanzialmente posposto. Intanto il tempo passa veloce». Purtroppo gli accordi internazionali sono troppo lenti rispetto alla rapidità con cui l’umanità deve intervenire per frenare il riscaldamento globale di origine antropica, la causa dei cambiamenti climatici.

«Tra pochi mesi – conclude Simone Borghesi – cominceremo a parlare già di Cop 28. Mi aspetto che sarà molto concentrata su come rimuovere l’anidride carbonica piuttosto che su come ridurla, vista la scelta di organizzarla a Dubai e considerando quanto il Paese ospitante influenza indubbiamente l’agenda della Cop. Non è un caso che i progressi maggiori siano stati quelli nel 2015 a Parigi, cioè in un Paese motivato come la Francia a conferire una svolta e a segnare una tappa storica per le Cop. Non credo che negli Emirati Arabi Uniti ci sia questa stessa volontà di cambiamento. Il tema delle tecnologie per rimuovere l’anidride carbonica è certamente importante, ma non può diventare una scusa per continuare ad emettere; non può farci dimenticare che il focus fondamentale deve rimanere sulla mitigazione, cioè il taglio delle emissioni di gas serra che alterano il clima, e sull’adattamento alle conseguenze già inevitabili e irreversibili del riscaldamento globale. La mitigazione e l’adattamento devono avvenire di pari passo».

Banche multilaterali di sviluppo e sistema del debito

«Le Cop non possono essere giudicate in modo binario, su un asse bene/male, perché sono eventi complessi, che si prestano solo a letture articolate» osserva Ferdinando Cotugno, giornalista del quotidiano «Domani». «È la prima conferenza sui cambiamenti climatici nella quale si decide di affrontare la crisi al tempo presente e non a quello futuro, come qualcosa da navigare e non solo da prevenire. Da qui il successo di aver creato un fondo per i danni e le perdite, la cui attuazione, però, sarà complessa e richiederà anni di negoziato. Doveva essere una Cop di implementazione e transizione; sono state avviate, invece, riforme che possono cambiare la geopolitica e la forma del mondo, come quella delle banche multilaterali di sviluppo e del sistema del debito, una delle novità più interessanti del vertice».

Nessun avanzamento sulla rinuncia ai combustibili fossili

«Molto deludente la parte di mitigazione, quindi di prevenzione degli effetti peggiori della crisi climatica. Si è scelto di rimanere sulla trincea di Cop 26 a Glasgow senza nessun avanzamento sulla rinuncia ai combustibili fossili, che escono da Sharm el-Sheikh più forti di come ci erano entrati. Ultima nota sul Paese ospitante: i conflitti di interesse economici ed energetici sono stati lampanti e lo saranno ancora più a Cop 28, nel 2023 a Dubai».

I Paesi più avanzati accelerino la transizione energetica

«È giunto il momento, in particolare per i Paesi più avanzati, di accelerare sulla via della transizione energetica, indipendentemente dagli esiti di questa o della prossima Cop», afferma Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. «Singoli governi, imprese, città si sono già dati obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione e stanno mettendo in campo soluzioni innovative ed efficaci per raggiungere la neutralità anche prima della metà del secolo. Dobbiamo uscire dalla logica dei veti incrociati, che paralizza ogni decisione, e puntare su questo movimento. Se riusciremo a far cresce questo gruppo di attori, governativi e non, in prima linea contro il cambiamento climatico, allora quegli obiettivi, che oggi sembrano lontanissimi guardando ai risultati della diplomazia climatica, diventeranno incredibilmente più vicini».

Sistemi per la rimozione dell’anidride carbonica in Europa

La Commissione europea, intanto, propone le proprie regole per creare sistemi e certificati per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera. La certificazione dovrebbe incentivare le attività di assorbimento del carbonio sia con tecnologie industriali, come la cattura, lo stoccaggio e il riuso del carbonio, sia con metodi naturali, come avviene in agricoltura e silvicoltura.

I certificati serviranno anche come base per la remunerazione degli agricoltori e dei silvicoltori se i loro terreni assorbono anidride carbonica. Il regolamento proposto il 30 novembre dall’esecutivo comunitario indica una serie di criteri che questi schemi di certificazione dovranno rispettare, in modo da assicurare la misurazione delle quantità di anidride carbonica stoccata e la durata dello stoccaggio.

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