Metà dell’avifauna sparita dal 1970 a oggi. Cala anche in Lombardia

Biodiversità. Chi frequenta a piedi o in bicicletta la pianura bergamasca, aree protette, sponde dei corsi d’acqua, strade di campagna, fontanili, osserva l’assenza o il forte calo dei cinguettii di alcune specie di uccelli. I dati di alcuni programmi di ricerca globali confermano le osservazioni empiriche. La situazione è alquanto negativa in termini numerici, perché è stato riscontrato un calo di tutte le specie di uccelli, soprattutto insettivori, e particolarmente nelle aree agricole. In Europa, dal 1970 ad oggi, risulta che le popolazioni di uccelli siano diminuite di oltre il 50%, corrispondente a 300 milioni in meno.

Chi frequenta a piedi o in bicicletta la pianura bergamasca, aree protette, sponde dei corsi d’acqua, strade di campagna, fontanili, osserva l’assenza o il forte calo dei cinguettii di alcune specie di uccelli. I dati di alcuni programmi di ricerca globali confermano le osservazioni empiriche. La situazione è alquanto negativa in termini numerici, perché è stato riscontrato un calo di tutte le specie di uccelli, soprattutto insettivori, e particolarmente nelle aree agricole. In Europa, dal 1970 ad oggi, risulta che le popolazioni di uccelli siano diminuite di oltre il 50%, corrispondente a 300 milioni in meno.

In Europa le popolazioni di uccelli diminuite di 300 milioni. Dal 2000 in Italia perso il 30% dei nidificanti nei campi

In Italia, dal monitoraggio del territorio e dai censimenti compiuti da ricercatori, rilevatori e tecnici coordinati dalla Lipu, prima con il progetto Mito2000 (Monitoraggio italiano ornitologico) e poi con il progetto Fbi (Farmland Bird Index - Indice di uccelli dei terreni agricoli), risulta che, dal 2000 a oggi, sia andato perso il 30% delle popolazioni degli uccelli nidificanti negli ecosistemi agricoli, pari a circa 10 milioni di esemplari. Il dato indica un notevole degrado degli habitat, con la perdita dei servizi ecosistemici prodotti dall’ambiente. I dati disponibili più recenti, pubblicati da Rete Rurale Nazionale & Lipu sull’aggiornamento al 2020 degli andamenti di popolazione delle specie comuni di uccelli nidificanti in Italia, confermano la tendenza.

L’indicatore di declino

Tra le specie scelte e censite per il calcolo dell’indicatore e riferite alla Lombardia, nel 2020 è stato raggiunto il valore più basso dell’intera serie storica dell’indicatore Fbi (-28,8%): ciò significa che circa due terzi delle specie analizzate hanno mostrato un declino significativo dell’indice di popolazione, classificato in 5 casi in «declino forte» (allodola, saltimpalo, usignolo di fiume, verdone e cardellino), in 8 casi in «declino moderato» (rondine, frosone, cutrettola, ballerina bianca, usignolo comune, averla piccola, storno, passera mattugia e zigolo giallo). Inoltre, l’indicatore Fbi ha rilevato che nelle pianure (soprattutto la Pianura Padana) il calo sia peggiore (-46%) rispetto alle aree collinari (-32,5%), mentre nelle aree montuose è stata riscontrata una controtendenza con +4,72%.

Il calo peggiore in Pianura Padana e nelle aree collinari. In montagna riscontrata una lieve controtendenza

Gli esperti individuano, tra le cause, il differente modello produttivo che, particolarmente in pianura, è caratterizzato da un elevato grado di meccanizzazione e di immissione di sostanze chimiche nei cicli produttivi, con la conseguente perdita di habitat idonei per la nidificazione.

La causa principale del grave tracollo la perdita di habitat per alta meccanizzazione e sostanze chimiche in agricoltura

La notevole industrializzazione dell’agricoltura praticata negli anni sta provocando danni al delicato equilibrio ecosistemico, nel quale le colture dell’uomo, gli insetti e gli uccelli si erano autoregolati per millenni. L’uso eccessivo dei pesticidi ha rotto quell’equilibrio. I pesticidi stanno provocando la morte di moltissimi animali che formano l’ecosistema agricolo, ossia diverse specie di molluschi (chiocciole), insetti (grilli, carabidi, apidi), anfibi (rospi), rettili (lucertole, ramarri), anellidi (lombrichi), mammiferi (donnole, ricci, pipistrelli, toporagni) e lepidotteri (farfalle).

Allodola, saltimpalo, usignolo di fiume, verdone, cardellino le specie più a rischio in Lombardia

Rimangono i veleni che, poi, vanno a finire nel nostro piatto. Secondo i dati di Eurostat, pubblicati recentemente dalla Commissione europea, nel 2020 sono state vendute 340 mila tonnellate di pesticidi (due terzi usati da Spagna, Italia, Germania e Francia), il 43% del totale costituiti da fungicidi e battericidi, il 35% da erbicidi, abbattitori di scorie e abbatti-muschi, il 22% da insetticidi e acaricidi. Inoltre, i fungicidi inorganici (contenenti composti di rame, zolfo inorganico e altri fungicidi, alcuni dei quali sono ammessi nell’agricoltura biologica) rappresentano il 57% dei fungicidi e battericidi.

In Italia 5,7 kg di pesticidi per ettaro, coinvolto il 77,3% delle acque superficiali e il 32,2% delle sotterranee

Dai dati annuali raccolti da Ispra risulta che, in media, in Italia vengono distribuiti nei terreni agricoli pesticidi in quantità pari a 5,7 kg per ettaro, coinvolgendo il 77,3% delle acque superficiali e il 32,2% di quelle sotterranee.

Quando il Ddt rese silenziosa la primavera

Il problema dei pesticidi in agricoltura era già stato sollevato 60 anni fa dalla biologa e zoologa statunitense Rachel Carson, la prima a prevedere gli effetti dannosi del Ddt, vietato anni dopo grazie alla sua battaglia. Nel 1962, pubblicò il libro «Primavera silenziosa», diventato famoso perché denunciava senza mezzi termini gli abusi dei pesticidi chimici e i gravi danni provocati alla natura e alla salute.

Dagli anni ’80 del secolo scorso l’associazione Isde-Medici per l’ambiente si impegna a diffondere la consapevolezza del legame tra la salute e l’ambiente. Affinché si possa giungere a un’agricoltura amica della biodiversità, dovremmo riflettere sulle parole di Aldo Leopold, ecologo statunitense, ispiratore della moderna biologia della conservazione: «L’etica della terra allarga i confini della comunità per includere animali, suoli, acque, piante: in una parola la terra. Essa cambia il ruolo di homo sapiens da conquistatore della comunità della terra a membro effettivo e cittadino di essa. Ciò implica rispetto per i suoi membri, ma anche per la comunità in quanto tale». E allora potremo di nuovo ascoltare le melodie dei campi dell’avifauna più canterina, rondine, usignolo, allodola, storno.

«L’etica della terra allarga i confini della comunità per includere animali, suoli, acque, piante»

«Le siepi lungo le strade di campagna e attorno ai campi procurano agli uccelli cibo e un ambiente adatto alla nidificazione, e danno riparo a molti piccoli animali. Della settantina di specie di arbusti e cespugli che costituiscono le tipiche siepi lungo le strade, circa 65 sono importanti per il nutrimento della fauna selvatica. Queste piante rappresentano anche l’habitat di api selvatiche ed altri insetti che provvedono all’impollinazione dei fiori e sono quindi importanti per l’uomo molto più di quanto egli creda. Questi insetti, necessari alla nostra agricoltura ed ancor più al paesaggio quale noi lo conosciamo, meritano da noi qualcosa di meglio della insensata distruzione del loro habitat» (Rachel Carson, «Il verde manto della terra», da «Primavera silenziosa»).

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