«Rischi dalle serre». «No, proteggono dal meteo estremo»

L’agricoltura nelle serre, nella provincia di Bergamo, vale un fatturato di 65 milioni di euro all’anno, con nove milioni di metri quadrati e 800 addetti. Il quadrilatero tra Calcio, Palosco, Martinengo, Romano di Lombardia è tra i comprensori più grandi d’Europa. Un’inchiesta sulle serre agricole si può leggere su eco.bergamo, il supplemento di ambiente, ecologia, green economy in edicola gratis con L’Eco domenica 14 novembre e poi disponibile qui sul sito nella sezione Edizione Digitale.

La produzione ortofrutticola è suddivisa in cinque gamme: la prima comprende verdura e frutta fresche, la seconda quella in barattolo, la terza i prodotti surgelati, la quarta quelli lavati, imbustati e pronti all’uso, la quinta quelli cotti, pronti per il consumo. La quarta gamma è coltivata in regime protetto, in serre a tunnel di metallo zincato ricoperti con materiale plastico.

La rivoluzione agricola della quarta gamma

La rivoluzione agricola della quarta gamma parte, alla fine degli anni Novanta, proprio dalla Bergamasca. Molte aziende sono passate dalla tradizionale coltura di mais a quella di lattughino, spinacino e valeriana, lavorati in provincia per i mercati di tutta Italia e d’Europa. Le serre fisse, con base in muratura, sono utilizzate soprattutto dai florovivaisti, mentre quelle che sorgono nella campagna orobica sono per lo più le stagionali, da scoprire per tre mesi all’anno, e le temporanee, da aprire almeno ogni cinque anni per un intero ciclo produttivo. La delibera regionale del 2017 ha fissato al 70 e al 60% il tetto massimo di copertura rispettivamente per le serre stagionali e quelle temporanee. Nella Bergamasca il fenomeno è cresciuto del 30-40%.

L’impatto sul paesaggio

«L’impatto sul paesaggio è devastante in un territorio già provato dall’espansione dei centri logistici con la connessa intensificazione del traffico», sostiene Paolo Falbo, responsabile del Circolo Legambiente Serio e Oglio. «In serra si possono avere fino a 12, 13 cicli colturali», continua Falbo. «Ad ogni ciclo corrisponde un trattamento con fertilizzanti, antiparassitari, anticrittogamici, erbicidi. Oggi non esiste uno studio che assicuri che quel terreno, così fortemente sfruttato, possa tornare alla normalità, una volta tolta la copertura, e non rimanga, invece, gravemente sterile».

L’impatto sull’ambiente

L’impatto ambientale delle serre, secondo Falbo, riguarda l’impermeabilizzazione dei suoli, lo smaltimento delle acque meteoriche, le tonnellate di plastica da smaltire: 5.000 kg per ettaro all’anno, di cui 4.500 per la sola copertura, per un totale di 4.500 tonnellate ogni anno in provincia. Falbo parla anche di salinizzazione del suolo, di pericolo di inquinamento delle falde e di contaminazione dei prodotti. «Molti di questi impianti, poi, sono recintati, impedendo, senza la previsione di corridoi ecologici, il libero movimento degli animali selvatici». «La bassa specializzazione richiesta nelle serre – conclude il rappresentante di Legambiente – richiama lavoratori per lo più stranieri, con la conseguente formazione di quartieri ghetto, allontanando i residenti e respingendo l’offerta di lavoro di giovani in possesso di professionalità più avanzate».

«Le serre difendono dalle specie aliene»

«Le serre ci consentono di difenderci dagli effetti dei crescenti cambiamenti climatici, come le precipitazioni intense e le grandinate. Sono fondamentali per la difesa dalle specie aliene, di cui arrivano 130 nuove ogni anno, e per soddisfare le esigenze dei consumatori, che cercano prodotti fuori stagione», replica Alberto Brivio, presidente Coldiretti Bergamo. «I tunnel sono imprescindibili per la produzione biologica, perché consentono un uso minore di fitofarmaci e l’ottimizzazione di fertilizzanti e acqua e, quindi, una produzione in linea con i prezzi e la qualità richiesti dai consumatori». «La plastica – continua Brivio – è ritirata e trattata da ditte specializzate. Riguardo all’integrazione dei lavoratori stranieri, la quarta gamma ne è stata un modello, con contratti di lavoro riconosciuti dai sindacati. La recinzione degli impianti, poi, è necessaria per la sicurezza sui luoghi di lavoro e per evitare le devastanti incursioni degli animali selvatici».

Misure di mitigazione

«L’insalata, per esigenze di imbustamento, è raccolta ancora piccola – sottolinea Brivio – consentendo più cicli produttivi nel corso dell’anno, senza forzature». Brivio segnala, a riprova della compatibilità ambientale delle serre, la «conversione Bio» certificata intrapresa da diverse aziende. «L’impatto visivo – conclude – è innegabile: si adottano misure di mitigazione, come filari di alberi e siepi. Le strutture, infine, si possono rimuovere: quando si smontano, il terreno torna all’origine. Sono ben diverse dai capannoni, costruiti con il cemento».

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