Cicerone: «Il progetto per la Val Seriana
modello per lo  sviluppo del territorio»

«Sul presunto fallimento del progetto Valle Seriana, alcune considerazioni appaiono opportune, in particolare in un momento nel quale la situazione occupazionale della nostra provincia si sta ulteriormente aggravando». Lo dice Marco Cicerone, segretario generale provinciale della Uil bergamasca intervenendo nelle polemiche sorte nelle ultinme settimane tra Cgil e Cisl.

«Risulta evidente dalle dichiarazioni emerse in questi giorni - dice Cicerone - che il progetto non è stato vissuto da tutti allo stesso modo e che da questo dipendono, anzitutto, le diversità di giudizi. In sostanza, se per qualcuno il progetto Valle Seriana è una sorta di “dogma” che riguarda principalmente il tipo di produzioni che si devono sviluppare sul territorio e i modelli economici che devono essere applicati, risulta chiaro che il parametro di riferimento sono più le logiche stataliste che lo sviluppo del libero mercato. Siccome, però, il progetto si inserisce in questo secondo sistema, esso va letto, a nostro giudizio, più che altro come un contributo che si vuole offrire agli imprenditori, alla politica, alle banche e all'intero assetto del territorio per dire che, laddove le soluzioni sono difficili o le aziende non individuano più sbocchi di mercato, ci sono altre opportunità imprenditoriali da approfondire magari puntando su produzioni ad alto valore aggiunto. Lo stesso ragionamento vale per i lavoratori che hanno perso o rischiano di perdere il posto: il progetto offre una prospettiva di nuova occupazione tramite percorsi sempre più mirati di formazione e riqualificazione per cogliere al meglio le sfide della rioccupabilità. In questo senso, è vero, il finanziamento pubblico aiuterebbe ad accelerare i tempi, ma tale elemento, pure importante, non può essere considerato esaustivo dell'insieme. E' chiaro che i ritardi allungano i tempi: tuttavia, neppure cambiando immediatamente tipologie produttive si riassorbirebbe subito occupazione».

«Quello che si vuol dire, in sostanza, è che il progetto Valle Seriana non può fallire, perché e una proposta di sviluppo, e come tutte le proposte deve necessariamente essere aperto, e arricchito continuamente, deve essere innanzitutto un contributo al fare: anzi, esso ha già contribuito a stimolare la ricerca di soluzioni per altre aree come la valle Brembana, già sottoscritta, o la Valle di Scalve, che prenderà forma prossimamente. E non è neppure vero che tutto sia fermo: il progetto Pigna, Honneger, le iniziative a sostegno della piccola e piccolissima impresa con i Temporaney Manager, le iniziative per l'auto-imprenditorialità, i corsi di formazione con la Legge Regionale 326, il Bando 2 di Fond'Impresa per i lavoratori in mobilità, lo sportello per i lavoratori in mobilità o in CIG che nei prossimi giorni diventerà operativo per il bilancio delle competenze dei lavoratori, al fine di mettere a loro disposizione percorsi formativi “ad hoc” finalizzati alla rioccupabilità».

«L'aggravarsi della crisi anche ad altre aree territoriali, la bassa bergamasca e l'isola con i problemi dell'Indesit, impone una nuova riflessione: quella, cioè, di un approccio che renda il progetto Valle Seriana come un modello che, se proprio deve avere un confine territoriale, ce l'ha nel livello provinciale. Invece che dichiararlo morto, bisognerebbe lavorare per renderlo un laboratorio provinciale capace di proporre soluzioni condivise e innovative a tutto il territorio. A un anno di distanza, sottolinearne invece il “de profundis” significa dare un segnale inequivocabile di resa di fronte alla crisi. Questo è il messaggio sbagliato che si rischia di veicolare irresponsabilmente nei confronti dell'opinione pubblica».

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