L'industria riparte, boom di ordini
Mazzoleni: «Siamo ottimisti»

L'industria italiana riparte. A maggio spinge ancora sull'acceleratore per lasciarsi alle spalle la crisi ed è boom di ordini e fatturati. I primi sono cresciuti del 26,6% su base annua: un'impennata così non si era mai vista da quando sono partite le nuove serie storiche, ovvero dal 2005.

L'intervista al presidente di Confindustria Carlo Mazzoleni su L'Eco di Bergamo oggi in edicola

L'industria italiana riparte. A maggio spinge ancora sull'acceleratore per lasciarsi alle spalle la crisi ed è boom di ordini e fatturati. I primi sono cresciuti del 26,6% su base annua: un'impennata così non si era mai vista da quando sono partite le nuove serie storiche, ovvero dal 2005. I fatturati registrano invece un +8,9% rispetto allo stesso mese del 2009, trainati dell'export. Il ministro Sacconi: si riafferma il Made in Italy. Il presidente di Confindustria Bergamo Carlo Mazzoleni: «I dati ci permettono di essere più ottimisti, ma i consumi restano ancora freddi e dall'occupazione non giungono segnali di inversione di tendenza».

«Sì, adesso un po' di prudenza la possiamo riporre nel cassetto». Se anche il presidente di Confindustria Bergamo, Carlo Mazzoleni, notoriamente poco incline ai facili entusiasmi, si mostra soddisfatto davanti ai dati-boom dell'industria registrati a maggio, significa che probabilmente la strada imboccata è davvero quella giusta.

Presidente, è la volta buona per dire che siamo definitivamente fuori dal tunnel?
«Questo non lo so. Di sicuro l'escalation legata ai dati degli ordinativi conferma un andamento che si sta consolidando da qualche mese e che ci permette di essere più ottimisti per il futuro. È quello che registro confrontandomi ogni giorno con tanti imprenditori bergamaschi: la certezza di tutti è che il peggio sia ormai alle spalle».

Si tratta di rialzi che non si riscontravano da anni.
«Qui però dobbiamo capirci: l'aumento del 26,6% degli ordinativi riguarda il raffronto con il maggio 2009, uno dei punti più bassi della storia economica degli ultimi decenni. Se poi guardiamo ai singoli settori, nel 2009 ci sono stati autentici tracolli, con perdita del 20-30, anche 40% della produzione. Logico che le cifre adesso segnino un'impennata evidente, dettata anche dalla massiccia ripresa delle esportazioni».

Significa che dovremo ancora aspettarci qualche battuta d'arresto?
«Non direi, ormai il trend positivo è segnato. Piuttosto ci potrà stare qualche fase d'assestamento. Ad esempio molti colleghi mi facevano notare che la produzione a giugno potrebbe non essere stata brillante come a maggio, quando tutti avevano invece riscontri positivi».

Come definirebbe quindi la ripresa in questa fase?
«Ancora fragile, da consolidare. Eppure presente, a livello di industria. Un po' meno a livello di cittadini. Per averne una percezione completa, dovrebbe consolidarsi la fiducia nei consumatori. In sostanza si deve rimettere in moto un ciclo di investimenti che ancora non è ripartito: la ripresa finora è stata trainata dall'export, però i consumi interni sono ancora abbastanza freddi».

Colpa del potere d'acquisto, ai minimi storici per le famiglie, alle prese anche con un'emergenza lavoro che non vuole mollare la presa. Casi recenti come Indesit ci dicono che su questo fronte la buriana è tutt'altro che passata.
«È vero, sull'occupazione non ci sono ancora segnali di inversione di tendenza. D'altronde gli attuali tassi di crescita attorno all'uno per cento sono troppo bassi per sperare di creare nuova occupazione. Su questo terreno siamo ancora su indici inferiori rispetto al periodo pre-crisi del 2007-2008. A breve termine potremo aspettarci un arretramento della perdita dei posti di lavoro, ma ripeto: è difficile ipotizzare un recupero rapido di nuova occupazione con tassi di crescita così bassi. Ci conforta almeno il fatto che molte aziende della nostra provincia avevano chiesto la cassa integrazione ma poi, per fortuna, ne hanno utilizzata pochissima, segno che gli ordini stanno tornando».

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