Bombassei: «La vera sfida?
Restare un Paese manifatturiero»

Il negoziato Fiat, che parte da lontano, incrocia ora un governo in acque agitate, e non è una buona notizia. Ma, in questa intervista a «L'Eco di Bergamo», Alberto Bombassei, afferma che l'esecutivo non è affatto assente. Di quel che sta avvenendo nella più grande azienda manifatturiera del Paese, e del protagonismo a tutto campo del suo amministratore delegato Sergio Marchionne, se ne parlerà a lungo: in modo lusinghiero e anche critico. Va da sé che si coglie lo stacco fra il manager in pullover (che un tempo piaceva tanto anche al Pd, ma ora un po' meno, per il suo fare liberal) che in Italia raccoglie consensi uniti a riserve e a critiche, mentre a Detroit riceve il plauso del presidente democratico Obama e delle tute blu della Chrysler che hanno ritrovato un posto di lavoro sicuro. Da Pomigliano a Mirafiori, dalla Polonia alla Serbia e sull'asse Torino-Detroit, il manager che comanda il bastione dell'auto italiana sta cambiando pelle alle relazioni industriali con un piglio che fa discutere e che riapre il dibattito sul rapporto fra capitale e lavoro, fra territorio nazionale e quella che oggi è una multinazionale. Un passaggio che chiama in causa il legame fin qui conosciuto fra lavoro e diritti e, per certi aspetti, ridisegna, nel quadro della globalizzazione, gli standard del modello sociale europeo. Una fase che pesa e che conta sia per i lavoratori sia per gli industriali e per il Sistema Paese, che va al di là dello stesso negoziato, e che, per il vicepresidente di Confindustria e presidente della Brembo, conduce alla necessità di un «cambiamento culturale nelle nostre relazioni industriali».

Leggi l'intervista di Franco Cattaneo ad Alberto Bombassei su L'Eco di Bergamo del 1° agosto

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