Fiom, ammortizzatori a + 52%:
«Un'emorragia insopportabile»

L'emorragia di posti di lavoro sta diventando insopportabile, anche per una provincia come quella di Bergamo. È il commento preoccupato del segretario della Fiom Cgil di Bergamo, Eugenio Borella, agli ultimi dati sugli ammortizzatori sociali. Più 52% sul 2011.

L'emorragia di posti di lavoro sta diventando insopportabile, anche per una provincia come quella di Bergamo. È il commento preoccupato del segretario della Fiom Cgil di Bergamo, Eugenio Borella, agli ultimi dati sugli ammortizzatori sociali in terra orobica.

Solo per settore metalmeccanico sono 229 aziende coinvolte e 10.416 lavoratori. Rispetto a un anno fa si registra un aumento del 57% delle imprese e del 52% dei dipendenti (comprendendo ogni tipo di ammortyizzatore sociale).

La crisi del settore metalmeccanico è stata analizzata dal consueto report curato ed aggiornato dalla Fiom Cgil di Bergamo: Borella ha illustrato le cifre giovedì mattina in una conferenza stampa.

Negli allegati tutti i dati che riguardano le aziende metalmeccaniche in difficoltà nel territorio orobico, con i dati raccolti su cassa integrazione ordinaria, cassa straordinaria e in deroga in corso, mobilità e numero di lavoratori coinvolti.

Le aziende contemplate nella rilevazione Fiom sono 229 ma, precisa il sindacato,, si tratta solo di quelle di cui la Fiom conosce la situazione. Non è quindi una lista esaustiva delle realtà in difficoltà esistenti.

Bisogna fare di tutto - secondo Borella - per evitare di perdere ulteriori posti di lavoro, cercando di crearne di nuovi: purtroppo per la fine dell'anno le prospettive non sono rosee, e neppure per il 2013. I contratti di solidarietà nella nostra provincia non decollano: sarebbero invece lo strumento migliore per evitare di perdere ulteriori posti di lavoro.

Insomma, lavorare meno ma lavorare tutti? Sì, dice Borella, anche perché in questo modo si sarebbe pronti a uscire dalla crisi con le professionalità già formate.

Guarda tutti i dati sugli ammortizzatori sociali negli allegati

E ascolta il commento di Eugenio Borella

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