Ubi, Resti: gente capace per la gestione
Jannone: «Uniti potevamo vincere»

«Altro che assemblea Ubi, qui è molto più faticoso», scherza Resti, domenica alle prese con una festa dei figli piccoli. È soddisfatto dell'esito del voto e non pensa che, sommando i voti delle due liste di rottura, il colpaccio poteva essere alla portata.

«Altro che assemblea Ubi, qui è molto più faticoso», scherza Andrea Resti, domenica alle prese con una festa dei figli piccoli. È soddisfatto dell'esito del voto (5 posti nel consiglio di sorveglianza) ma non vuole prendere in considerazione l'idea che, sommando i voti delle due liste di rottura (quasi il 46%), il colpaccio poteva essere alla portata.

«Non avevo un'aspettativa - dice - e poi un accordo con Jannone non era praticabile, avremmo preso in giro i nostri sostenitori. Eravamo due liste contrapposte, con punti di vista diversi. Resta, comunque, il fatto che, sommando le due liste, emerge che quasi un socio su due non è contento di come è gestita la sua banca e questo nessuno deve dimenticarlo».

Guardando avanti, Resti auspica «un clima costruttivo nel consiglio di sorveglianza». Ma «se si arriverà con decisioni già prese e con maggioranze precostituite, allora non ci staremo». Il leader di «Ubi, banca popolare!» ipotizza per la minoranza un ruolo di controllo nei comitati (da quello nomine a quello remunerazione) del consiglio di sorveglianza, un po' come avviene in Parlamento, dove la presidenza di alcune commissioni (Rai, servizi segreti) è assegnata all'opposizione.

Invece sul consiglio di gestione (che il consiglio di sorveglianza nominerà domani), il professore non commenta l'ipotesi di una presidenza affidata al bresciano Franco Polotti, frutto delle intese interne alla lista ufficiale: «Mi ripugna l'idea - spiega Resti - che prevalga una logica lottizzatoria per cui nel consiglio di gestione entra un amico mio o di qualcun altro. Noi dobbiamo avere manager capaci, indipendenti e non targati e che godano della fiducia di tutto il consiglio di sorveglianza».

«Se la lista di Resti - è Giorgio Jannone che parla - ha ottenuto cinque posti nel consiglio di sorveglianza è evidente che lo deve anche a me. Senza la mia dichiarazione di voto a suo favore, non avrebbe raggiunto il 30% dei voti. Una parte dei miei, circa 1.500, ha votato comunque la mia lista - sono i militanti che non se la sono sentita di cambiare lista dopo aver lavorato molto, sabato alcuni di loro si sono anche arrabbiati ma oggi hanno compreso e apprezzato la mia decisione - una parte ha invece seguito il mio esempio e ha appoggiato Resti. E si figuri se il mio gesto che definisco "di generosità strategica" non ha spostato almeno il 4-5% dei voti, quelli cioè che hanno permesso all'altra lista di agguantare il 30%». È sicuro del fatto suo Giorgio Jannone, tanto da aggiungere: «Non c'è dubbio che un'ipotetica alleanza tra noi e la lista di Resti avrebbe portato alla vittoria. Dalla lista di maggioranza, del resto, ci separano poche centinaia di voti. Ma non c'è rammarico».

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