È fallita la vecchia Fema
Ma la produzione continuerà

Quando sembrava che per Fema il peggio fosse passato, c'è stato un altro colpo di scena: alcune aziende creditrici non hanno accettato l'ipotesi di accordo con Fema, facendo scattare i decreti ingiuntivi che hanno portato al fallimento.

Una doccia fredda a metà. Quando sembrava che per Fema il peggio fosse passato, dopo l'ipotesi d'intesa tra la società ed Equitalia per una rateizzazione del debito, c'è stato un altro colpo di scena: alcune aziende creditrici non hanno accettato l'ipotesi di accordo con Fema, facendo scattare i decreti ingiuntivi che hanno portato al fallimento.

Per gli oltre 200 lavoratori del gruppo di costruzioni meccaniche sembrava potessero riaprirsi le porte del baratro, ma occorre fare un passo indietro: fin dallo scorso agosto gran parte degli asset di Fema Impianti Industriali, compresi stabilimenti e dipendenti, erano passati, attraverso un affitto di ramo d'azienda (il contratto è di 9 anni più l'opzione di altri 9), a un gruppo londinese al quale fanno capo Rubinisintered, FemaChemical e FemaDigipach, sempre a Cortenuova, e i cui vertici ora rassicurano tutti.

«I posti di lavoro sono salvi: non ci saranno ricadute perché la nuova società è sana e non ha debiti. Lo dimostra il fatto che stipendi e tredicesime sono state regolarmente pagati, che abbiamo già effettuato un aumento di capitale e che stiamo lavorando per nuove commesse oltre ad aver rimesso in moto l'iter per la costruzione di un nuovo cementificio in Egitto da 320 milioni che si era arenata».

Resta però la grave posizione debitoria della «casa madre», come ammette responsabile di Fema Impianti Nicola Torciano: «Avevamo trovato un accordo con gran parte dei creditori privati, circa 120 su 128, ma sono bastati quei pochi a far scattare il fallimento. Di positivo c'è che, dopo l'affitto del ramo d'azienda, i lavoratori a mio giudizio non rischiano nulla».

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