Imprese che restano attive
Comunicazioni salite a 1.900

Sono salite a 1.900 le comunicazioni arrivate in Prefettura da aziende della Bergamasca che continuano la produzione in quanto parte delle filiere essenziali indicate nel decreto del Presidente del Consiglio del 22 marzo scorso.

Finora ne sono state già esaminate 537, mentre le altre sono in corso di verifica e ci vorrà ancora qualche giorno prima di poter avere numeri definitivi. Un lavoro complesso per il quale gli uffici di via Tasso si avvalgono della collaborazione di Guardia di Finanza, carabinieri, Camera di commercio, associazioni datoriali e i sindacati. «Per le attività indispensabili - sottolineano dalla Prefettura - il principio previsto dal decreto è che la produzione vada avanti, salvo disposizione del fermo da parte nostra».

La Prefettura ha anche rilasciato due autorizzazioni per industrie del settore aerospazio: per questo tipo di attività, come per quelle della difesa e quelle ritenute «di rilevanza strategica nazionale», il Dpcm ha previsto infatti non una semplice comunicazione, ma una vera e propria richiesta.

«Non si giustifica un numero così elevato di comunicazioni per il prosieguo dell’attività, sicuramente non tutte sono effettivamente legate a servizi indispensabili - sostiene Francesco Corna, segretario generale Cisl di Bergamo -. In questa fase in cui la priorità è tutelare la salute delle persone e minimizzare il rischio di nuovi contagi bisogna avere senso di responsabilità. Per questo motivo abbiamo allertato tutte le nostre categorie chiedendo di segnalare eventuali situazioni di difformità».

Emersa già qualche anomalia

Qualche anomalia è già emersa: «Abbiamo un paio di casi di aziende che non hanno produzioni tali da giustificarne l’apertura in questo momento - sottolinea Gianni Peracchi, segretario generale Cgil Bergamo - come pure c’è qualche azienda chiusa perché non rientra nei codici Ateco previsti dal decreto del 22 marzo, ma che vorrebbe riprendere l’attività da lunedì. Speriamo di riuscire a trovare una soluzione in sede di contrattazione decentrata».

I sindacati sono tutti d’accordo sul fatto che bisogna tenere aperto solo l’indispensabile. «Invece la sensazione è che non sia proprio così - commenta Angelo Nozza, segretario generale Uil Bergamo -. Il rischio è che circolino troppe persone in un momento ancora delicatissimo della battaglia al Covid-19, senza contare che non tutte le aziende sono davvero in grado di assicurare l’uso dei dispositivi di protezione individuale e le distanze di sicurezza per tutelare la salute dei lavoratori. Il Decreto prevede 100 euro in più in busta paga per chi lavora tutto il mese: un po’ poco per rischiare la vita».

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