L’assemblea Ubi Banca a Brescia
Sì alla riforma: larghissima maggioranza

Sì a larghissima maggioranza dell'assemblea di Ubi Banca alla modifica dello statuto. A favore della nuova governance si sono espressi 6.870 soci, in rappresentanza del 26,43% del capitale. I contrari sono stati 95 e 15 gli astenuti.

Sì a larghissima maggioranza dell'assemblea di Ubi Banca alla modifica dello statuto. A favore della nuova governance si sono espressi 6.870 soci, in rappresentanza del 26,43% del capitale. I contrari sono stati 95 e 15 gli astenuti. Ecco la cronaca della mattinata in ordine cronologico.

Ha preso il via alle 9,45 di sabato 10 maggio l'assemblea dei soci di Ubi Banca chiamata a modificare la governance dell'istituto. Alla Fiera di Brescia erano presenti, all'avvio dei lavori, 5.664 soci in rappresentanza di oltre il 24% del capitale, numeri sufficienti ad integrare il quorum costitutivo per poter validamente deliberare sulla revisione dello statuto.

Per deliberare è necessaria la presenza del 20% del capitale e un ventesimo dei soci, pari a poco più di 3.700 azionisti.

L'affluenza dei soci all'assemblea continua e sono ora più di 6.700.

Aprendo i lavori dell'assemblea, il presidente del consiglio di sorveglianza, Andrea Moltrasio, ha invitato i soci ad esprimersi a favore della riforma dello statuto, messa a punto dai due consigli. La nuova governance, che introduce il modello della «popolare integrata», rappresenta «una cornice entro la quale tutti i soci, gli amministratori e i dipendenti possono muoversi per favorire lo sviluppo competitivo della banca» e «un'apertura verso quella parte di soci che portano quel capitale necessario per affrontare le sfide in una fase in cui ci viene chiesto un rafforzamento del patrimonio». A tal proposito Moltrasio ha ricordato che «il 40% del capitale è costituito da fondi istituzionali».

Il modello della «popolare integrata» valorizza il ruolo degli investitori istituzionali, richiedendo che la presentazione delle liste sia accompagnata, oltre che dalla firma di 500 soci, da almeno lo 0,5% del capitale e prevedendo un piccolo premi nella distribuzione dei seggi nel consiglio di sorveglianza

Cinque dei 23 consiglieri di sorveglianza di Ubi Banca, quelli eletti lo scorso anno nella lista di minoranza «Ubi, Banca Popolare!» hanno preso la parola in assemblea per criticare alcuni aspetti della riforma della governance proposta dai consigli della banca, contro la quale hanno votato in consiglio di sorveglianza e contro la quale voteranno ora in assemblea in qualità di soci.

«D'ora in avanti sarà impossibile candidarsi senza alle avere alle spalle 20-30 milioni di euro di investimento in azioni, anche comprate a debito da imprenditori pericolanti per entrare nella stanza bottoni. Non sarà possibile partecipare per senso civico e spirito di servizio, cose di cui una banca popolare dovrebbe nutrirsi», ha detto il consigliere Andrea Resti, parlando della necessità di accompagnare la presentazione delle liste con almeno lo 0,5% del capitale.

I consiglieri hanno preso di mira anche le modalità con cui è stato introdotto il limite di 250 azioni al possesso azionario per restare soci, introdotta dal consiglio di sorveglianza senza passare in assemblea. «L'operazione, introdotta come adeguamento normativo, era da considerarsi una facoltà e non un obbligo» ha detto Dorino Agliardi, commentando la modifica statutaria da cui è derivata la cancellazione di oltre 20 mila soci che non si sono adeguati alla nuova previsione.

L'introduzione di un limite al possesso azionario «è una modifica ex lege, il consiglio di sorveglianza si è assunto con coraggio la responsabilità di fare questa modifica che gli competeva». Lo ha sottolineato Moltrasio, rispondendo in assemblea alle critiche arrivate dai consiglieri di minoranza della banca, da alcuni rappresentanti sindacali e soci sulle modalità con cui la norma è stata adottata, direttamente dal consiglio e non dall'assemblea.

A chi gli ricordava che la legge era del dicembre 2012 e l'adeguamento è arrivato a ridosso dell'assemblea odierna, dopo che nel 2013 si è svolta un'assise senza che lo statuto venisse rivisto, Moltrasio ha replicato che «la legge era di dicembre» e che la Banca d'Italia «ha 90 giorni di tempo» per approvare le proposte di revisione statutaria per cui «non c'erano i tempi tecnici per fare questa modifica e quindi non è stata fatta».

Appena il nuovo consiglio è stato eletto «ci siamo messi al lavoro e la modifica è stata fatta secondo coscienza e secondo legge».

Moltrasio ha definito la revisione «più che una modifica, un chiarimento statutario» legato ad articoli dello statuto da coordinare con una legge nuova. Dei 20 mila soci che, a seguito della modifica, sono stati cancellati dal libro soci, «sono circa 2 mila quelli che sono venuti in assemblee negli ultimi due anni e in particolare nell'ultima mentre più del 90% non hanno mai esercitato l'attività di soci». «Sono soci che restano azionisti», ha aggiunto, reintegrando il numero minimo di azioni "possono diventare soci anche domani mattina».

Poi la votazione e il sì a larghissima maggioranza dell'assemblea di Ubi Banca alla modifica dello statuto.

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