L’uomo del lago approda agli yacht
«Dopo Ferrari riparto dal mito Riva»

La notizia ora è ufficiale: Italo Valenti è il nuovo direttore amministrazione, finanza e controllo di Ferretti, il gruppo leader nella costruzione di yacht di lusso che vede tra le sue stelle anche la Riva di Sarnico. Bergamasca doc come il nuovo Cfo dell’intero gruppo.

La notizia ora è ufficiale: Italo Valenti è il nuovo direttore amministrazione, finanza e controllo di Ferretti, il gruppo leader nella costruzione di yacht di lusso che vede tra le sue stelle anche la Riva di Sarnico.

Bergamasca doc come il nuovo Cfo dell’intero gruppo, approdato nel quartier generale di Forlì da Maranello, dove fino allo scorso mese ricopriva lo stesso ruolo in quel sogno di azienda che è Ferrari. Cento chilometri di distanza supergiù e, come biglietto da visita, una collezione di «best» con un bilancio 2012 da incorniciare grazie a un utile netto cresciuto a quota 244 milioni e ricavi a 2,43 miliardi. E se è vero che in un’azienda (e che azienda) il Cfo è lo stratega, colui che muove le pedine del cambiamento, il passaggio di Valenti dalle auto alle barche di lusso – un settore in forte sofferenza –, non è poi così casuale.

Valenti, i rumors di metà dicembre trovano la loro conferma: da Ferrari a Ferretti, una nuova e per certi versi inaspettata sfida.

«Ho colto questa nuova avventura proprio come una sfida. E stavolta si parte da una situazione difficile, c’è da lavorare».

Com’è stato il suo primo giorno di lavoro in Ferretti?

«È stato martedì, proprio a Sarnico. Un inizio direi splendido. Ho incontrato le maestranze e fatto il punto della situazione. Dal giorno dopo sono a Forlì. Ho trovato tanto entusiasmo, tanta passione per il prodotto: mi ricorda molto la Ferrari di vent’anni fa. Una bella cosa: servirà partire proprio da questa voglia di farcela».

Da cosa si partirà?

«Si dovrà lavorare al rilancio del marchio e farò tesoro dei miei 11 anni in Ferrari, dell’esperienza in termini di retail. Dall’altra parte occorre individuare anche tutte le possibilità di risparmio».

Il che potrebbe voler dire rinunciare a qualche marchio o fonderne alcuni? Il gruppo Ferretti conta Ferretti, Pershing, Itama, Bertram, Riva, Mochi Craft e Crn.

«Sono tanti, sì, ma di certo bisognerà andare a vedere i marchi storici, Riva davanti a tutti, Ferretti e quelli di spessore. E si partirà proprio da lì, da una storia importante».

Ma anche Riva non è più ai fasti di un tempo.

«Soffre come tutto il mercato del lusso a causa anche di questa pazza normativa che in Italia ha distrutto il mercato. Penso alle norme in termini di tassazione e non solo: ormai se si va nelle marine italiane non c’è più nessuno, sono andati tutti. Al di là di questo, progressivamente il mercato del lusso è andato in flessione. Bisogna ricostruire, rifocalizzare una struttura fatta per fare, diciamo, un milione e metterla a posto per fare solo trecento-quattrocento».

Il modello vincente comunque c’è, basta guardare in casa Ferrari.

«La cosa bella è che quando sono arrivato in Riva, a Sarnico, sono entrato nello stabilimento e c’erano tutte le guardie che mi hanno accolto con un “l’aspettavamo!”. C’è una grande aspettativa nei miei confronti».

Anche i vertici, immaginiamo. Quanto tempo le hanno dato per far «cantare» i numeri?

«Penso che ci riusciremo nei prossimi anni»

Le prime mosse? Lei ha creato i Ferrari Store, il parco tematico di Abu Dhabi. Dobbiamo aspettarci una catena di hotel targati Riva con banconi e letti in mogano?

«Le idee sono tante, vedremo. Al di là del prodotto, si deve vendere un sogno, questa è la sfida. Certo il marchio Riva è potente, è forte e molto conosciuto: sarà uno dei marchi a traino di tutto».

Che quadro s’è fatto della situazione produttiva?

«Le maestranze sono molto formate, molto preparate. La produzione è di alto livello e su questo sta lavorando Piero Ferrari, entrato nel gruppo un anno fa. Sarà la prima cosa da fare. La seconda, far quadrare i conti».

A questo proposito, cosa dice della situazione finanziaria?

«Non è sicuramente rosea. Mi aspettavo avessero inciso in maniera più pesante gli investimenti. È che c’era una situazione di costi ricorrenti, costi che vanno bene per vendere – cito numeri a titolo di esempio – mille barche mentre in realtà, con il crollo, se ne vendono solo 200».

Poche ma uniche, ciò che vuole il mercato del lusso . Guarderà sempre più a Est?

«Il grande tema è puntare sugli Stati Uniti e sull’ estremo Oriente, che è poi il bacino di Ferrari. Non si deve avere paura o vergogna di copiare i migliori».

Felice di questo cambio di registro?

«Eh sì, d’altronde in Ferrari più di così non si poteva fare, ormai era diventato un gioco da ragazzi. E poi sono uno che ha bisogno di nuove sfide, di cose nuove e di rischiare: se sono bravo, si vedrà».

La più grande soddisfazione in Ferrari?

«Quando ci siamo dati come obiettivo guadagnare meglio e ci siamo riusciti. Perchè guadagnare tanti soldi è facile, guadagnarne tanti con un basso fatturato dà soddisfazione. Non di più, ma meglio, nonostante i fatturati all’ingiù».

Ci dia qualche numero.

«Numeri no, usciranno tra non molto. Abbiamo chiuso il 2013 vendendo meno macchine e guadagnando di più. Come ha detto anche il presidente Montezemolo, meno macchine e più redditività è la mossa vincente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA