Metalmeccanico a fatica fuori dalla crisi
Cassa integrazione, aumento del 38,43%

L’industria metalmeccanica lombarda fatica ad uscire dalla crisi e ad agganciare la ripresa. Sono ben 1.635 le aziende colpite (contro le 1.633 del 2° semestre 2014), e 42.609 i lavoratori (contro 40.615 i precedenti) coinvolti da molibilità e ammortizzatori sociali.

Il ricorso alla cassa integrazione ordinaria cresce del 38,43%, segno della lentezza nell’uscita dalla crisi e del permanere della congiuntura negativa. È quanto emerge dal 39° Rapporto congiunturale presentato a Milano dalla Fim Lombardia, che ogni sei mesi rileva sistematicamente i dati nelle circa 7.000 aziende industriali che impiegano oltre 550.000 lavoratori della regione.

I territori maggiormente coinvolti dalla crisi nel primo semestre 2015 sono Bergamo (31,91% delle sospensioni), Milano (22,91%) e la Brianza (13,21%). Seguono Brescia, Varese e Lecco che stanno tra il 6 e il 7%. Queste aree vedono la presenza di insediamenti industriali importanti, sia nei comparti tradizionali che in quelli innovativi del settore metalmeccanico, con una presenza cospicua sia di grandi imprese di livello nazionale e internazionale, mentre le imprese medie-piccole sono storicamente radicate in tutti i territori.

«La crisi dell’industria lombarda non è affatto finita e lo conferma l’impennata della cassa integrazione ordinaria - commenta Nicola Alberta, segretario generale Fim Cisl Lombardia -. Come da impegno assunto alcuni mesi fa, la Regione deve avviare al più presto il confronto che chiediamo da tempo sul rilancio del settore manifatturiero, coinvolgendo anche le associazioni imprenditoriali, l’università, il sistema creditizio».

«Occorre sostenere gli investimenti delle imprese e vanno attuate strategie di sviluppo e di dotazione infrastrutturale - aggiunge - per rafforzare i settori tecnologici, garantire l’accesso al credito per gli investimenti industriali e incentivare la sostenibilità».

Nel semestre il ricorso alla cassa integrazione ordinaria (+38,43%) ha coinvolto 1.146 aziende (1.019 nel semestre precedente) e 30.568 lavoratori (22.082 nel semestre precedente). In diminuzione del 24,74%, invece, la cassa integrazione straordinaria con 405 aziende (398 aziende le precedenti) e con un numero di lavoratori pari a 9.551 (12.690 nel semestre precedente). In calo anche l’utilizzo della mobilità, con 118 aziende (287 il semestre precedente) e 2.490 licenziamenti (5.843 nel semestre precedente) che si aggiungono comunque ai 9.240 licenziamenti già registrati a fine 2014.

«Anche se in calo congiunturale l’utilizzo di cassa integrazione straordinaria e mobilità è comunque sempre elevato – sottollinea Alberta – ed evidenzia la persistenza della crisi di natura strutturale, con sospensioni di lungo periodo e assenza di prospettive e addirittura di drastica interruzione dei rapporti di lavoro, che coinvolge ben 523 aziende e 12.041 lavoratori: è evidente che occorre sostenere l’occupazione e valorizzare il capitale umano e professionale - aggiunge - attraverso i percorsi di riqualificazione e ricollocazione, dando attuazione immediata alle nuove norme sulle politiche attive del lavoro».

In costante aumento i contratti di solidarietà: 68 aziende e 5.776 lavoratori che si aggiungono al quelli del semestre precedente. Sono quindi ben 261 gli accordi di solidarietà stipulati negli ultimi 24 mesi, per 30.699 lavoratori, che portano a salvare quasi 10.000 posti di lavoro e segnalano il consolidarsi di questo strumento di tutela dell’occupazione, dopo anni di diffidenza delle imprese.

I dati mostrano la preponderanza dell’intervento di cassa integrazione ordinaria nei diversi territori, ad eccezione della Brianza dove si registra la prevalenza degli interventi di cassa integrazione straordinaria. La mobilità è particolarmente accentuata nei territori di Milano, Bergamo, Brianza e Lecco, mentre coesistono i diversi interventi nelle altre aree fortemente industrializzate di Varese, Brescia, Cremona.

Da segnalare la presenza dei contratti di solidarietà, che vengono utilizzati per fronteggiare le crisi occupazionali e le espulsioni dal processo produttivo, e che vedono interessati in particolare il territorio di Brianza, Brescia, Varese e Lecco. La cassa in deroga coinvolge pressoché tutti i territori, in particolare le piccole imprese, con accentuazioni in Milano, Brianza, Bergamo e Como. Le cessazioni di attività sono rilevanti nell’area di Brianza, Bergamo, Brescia e Cremona.

L’analisi della situazione della crisi per classi di dipendenti mostra come il numero dei lavoratori colpiti sia molto elevato proporzionalmente nelle aziende medio piccole al di sotto dei 100 dipendenti con il 54,72% delle sospensioni (il 92% dei casi aziendali e con il peso occupazionale del 37%), con una accentuazione sulla classe di addetti 16-50 che è colpita per il 26,15%. Nelle aziende medio grandi oltre i 100 addetti si registra un’incidenza della crisi pari al 45,28% con il 8% dei casi aziendali e il 63% di peso occupazionale.

Nel dettaglio, il dato della distribuzione della crisi nelle diverse classi mostra l’incidenza rilevante delle sospensioni in moltissime piccole aziende (sono 1.517 le realtà interessate sotto i 100 dipendenti, rispetto alle 118 sopra i 100 addetti), che vede pesare in modo prevalente la cigo (74%), e in modo significativo la cassa integrazione ordinaria (20%).
I contratti di solidarietà sono significativamente presenti in tutte le diverse classi dimensionali da 16 dipendenti in su, con un coinvolgimento crescente del numero di lavoratori.
La cassa in deroga risulta concentrata soprattutto nelle realtà fino a 15 dipendenti (926 i lavoratori interessati in queste realtà su un totale di 1.105 pari al 83%), come è peraltro prevedibile data l’attuale scopertura di questa fascia di lavoratori dagli ammortizzatori sociali ordinari. Le cessazioni e le chiusure coinvolgono invece tutte le classi dimensionali fino a 250 dipendenti e danno anch’esse la misura della preoccupante situazione del settore.

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