Saper dialogare con i dipendenti
Ecco la prima qualità di un leader

Uno studio dell’Università di Bergamo e Fondazione per la Sussidiarietà mette in luce le qualità dell’imprenditore. Che non sono così scontate.

Conta la visione, il carisma, certo. Ma nelle qualità di un capitano d’industria per poter creare quell’unità d’intenti, occorre tenere presente anche altre caratteristiche come l’aprirsi all’innovazione e soprattutto la tendenza a cooperare.

In una parola: il gioco di squadra deve partire dall’alto: questa logica si riflette direttamente sul rendimento dei collaboratori e relative performance, che nel modello Pmi italiano possono incidere fino al 50% dei risultati conseguiti. Lo dimostra uno studio su «Sussidiarietà e politiche industriali», proposto dalla Fondazione per la sussidiarietà e dall’Università di Bergamo che viene presentato mercoledì 11 maggio a Milano nella sede di Fondazione Cariplo.

Per quasi un anno il gruppo di lavoro del Dipartimento di Ingegneria gestionale dell’Informazione e della Produzione dell’ateneo bergamasco coordinato dai docenti Gianmaria Martini e Tommaso Minola, ha raccolto dati su 380 aziende nazionali di ogni dimensione, dei settori più rappresentativi del made in Italy (abbigliamento-tessile; agroalimentare; arredo-legno, macchine utensili) cercando di scavare in profondità attitudini e tendenze dell’imprenditore medio. «Ne è venuto fuori uno spaccato molto interessante - spiega Tommaso Minola - che mette in relazione stretta i comportamenti dell’imprenditore con il rendimento dei suoi collaboratori con risultati sorprendenti».

In sostanza la capacità di visione di un leader, la sua apertura mentale, il saper dialogare e motivare i suoi collaboratori, rendendoli partecipi dei suoi progetti «ha quasi sempre una valenza decisiva sui risultati che consegue una determinata azienda». Naturalmente ci sono alcune doti innate, che ben difficilmente possono essere corrette in corso d’opera, mentre ce ne sono altre che vengono fortemente condizionate da una serie di fattori. «Quello ambientale e territoriale, oltreché culturale è sicuramente tra i più decisivi - aggiunge Minola -: cambia molto se il futuro imprenditore è vissuto o vive in un contesto chiuso e poco aperto alle novità o viceversa è abituato continuamente a recepire messaggi e a confrontarsi con il prossimo».

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