Tfr in busta paga: flop. Solo lo 0,23%
dei metalmeccanici Bg ha aderito

Sono solo 24 i dipendenti delle aziende metalmeccaniche della provincia che hanno aderito alla possibilità di ricevere direttamente in busta paga il Tfr, lo 0,23% del totale.

Un’opzione che il sindacato, la Cisl in particolare, ha sempre ritenuta dannosa, soprattutto per la previdenza dei più giovani. È infatti sulla quota di Tfr che si basa la pensione integrativa che molti contratti nazionali hanno previsto ormai da tempo.

I dati bergamaschi elaborati dalla Fim Cisl provinciale sono in linea con quelli nazionali, secondo i quali, i lavoratori che hanno fatto richiesta sono per il 75% residenti nel Centro Nord e per il 25% al Sud. Per il 43% lavorano nel terziario e per circa il 27% nell’industria. Il 25% ha redditi fino a 20mila euro, il 50% fino a 30mila euro mentre appena il 6,25% lo ha chiesto avendo redditi superiori a 40mila euro annui. Solo il 10% di coloro che hanno chiesto l’anticipo ha tolto il Tfr da un fondo pensione.

L’indagine Fim ha coinvolto 26 aziende, per un totale di oltre 10.000 lavoratori. In quelle più grandi, fino a oltre 400 dipendenti, la percentuale scende ancor di più (0,18). Infatti solo in Same (3 adesioni), Lucchini e Cms (1 a fabbrica) qualcuno ha scelto di avere il Tfr in busta. «Pochi, maledetti e subito», sembra la filosofia alla base della scelta, ma Fiba Cisl ha fatto qualche conto in tasca ai lavoratori.

Innanzitutto, la tassazione diventa ordinaria e non agevolata. Il mantenimento in azienda o in un fondo pensioni fa sì che il Tfr si rivaluti anno per anno, cumulando rendimento su rendimento. La conseguenza è che più sono gli anni che mancano al pensionamento, maggiori sono i rendimenti. Quindi, soprattutto se si è giovani, scegliere di mettere il Tfr in busta paga è penalizzante.

Quello che viene fuori dallo studio Fiba è che, qualsiasi età si consideri, scegliere di mettere il Tfr in busta paga non conviene. A meno che non si abbia bisogno immediato di contanti. «Questo insuccesso - dicono in Fim Cisl Bergamo - è l’ennesima dimostrazione che la politica ha spesso la percezione delle esigenze del mondo del lavoro, ma non è in stretto contatto con chi parla tutti i giorni con lavoratori e imprese».

«I lavoratori - sostiene Luca Nieri, segretario generale Fim Cisl Bergamo - hanno dimostrato grande saggezza nella gestione di questa possibilità, evitando di farsi ingolosire dall’effetto bancomat, anche grazie al ruolo informativo della Fim nel luoghi di lavoro. Adesso il governo deve mostrare maggior coerenza rispetto alla gestione di strumenti seri come la previdenza integrativa: non può dire di voler affrontare la questione della pensione dei giovani, e al contempo minare risorse importanti per la previdenza complementare, spesso solo facendo grossi favori alle lobby, riducendo o annullando il risultato finale dei fondi, grazie alla proposta, mai smentita, di dare il via alla portabilità che consentirebbe di mantenere il contributo a carico dei datori di lavoro anche nei fondi aperti con grande gioia delle banche e finanziarie».

«Quella del Tfr in busta paga - sottolinea Andrea Donegà, responsabile del Coordinamento Giovani nazionale della Fim - è una scelta politica sbagliata fatta contro i giovani che, oggi, hanno soltanto la previdenza complementare per contrastare un meccanismo previdenziale troppo penalizzante nei loro confronti. È chiaro che la volontà di sottrarre il Tfr dal secondo pilastro è il tentativo di indebolire i fondi previdenziali che si somma all’aumento della tassazione dei rendimenti».

Donegà si spinge anche oltre. «Il patto generazionale va riscritto per poter garantire maggior equità ai giovani che, altrimenti, andranno in pensione a 70 anni con il 46% dell’ultima retribuzione. Questa è un’ingiustizia se pensiamo che i giovani pagano molti contributi che non avranno indietro per poter pagare le pensioni, calcolate con un metodo molto più vantaggioso, anche a chi ha versato meno contributi rispetto a quanto, invece, percepisce come assegno pensionistico. Infatti - conclude Donegà - c’è chi percepisce importi superiori del 60% ai contributi versati, è insostenibile oltre che ingiusto».

Ecco perché «è sbagliato agire sul Tfr - per la Fim Cisl di Bergamo - e dispiace che questa idea sia venuta da un pezzo di sindacato che ha smarrito un po’ il proprio ruolo. Il Governo invece di perdersi in queste soluzioni meschine ascolti il vero Sindacato e agisca per evitare di costruire, oggi, le condizioni per avere intere generazioni di poveri domani. Noi non lo consentiremo».

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