«Vi racconto la storia del mio Turciù»
Catellani&Smith a I Maestri del Paesaggio

Un’installazione sarà a I Maestri del Paesaggio. Le creazioni di Catellani & Smith sono tra gli oggetti bergamaschi più copiati al mondo: la nuova avventura con l’ultima fornace di Venezia.

«C’è stato un momento in cui mi sono chiesto perché il Turciù abbia avuto così successo. E mi sono anche chiesto perché tutti, a un certo punto, hanno iniziato a imitarlo. In Italia, ma anche nel resto del mondo, viaggiavo per lavoro e vedevo delle copie. All’inizio la cosa mi faceva sorridere, e nei primi anni di attività ha accresciuto la visibilità del marchio, poi mi sono stancato: le copie involgariscono l’idea creativa. A prescindere dal danno economico, fanno morire il sogno che c’è dietro al lavoro di intelletto». Enzo Catellani, fondatore nel 1989 della Catellani & Smith di Villa di Serio, è il papà di creazioni come il Turciù o il Fil de Fer, installazioni che illuminano musei come il Victoria Albert di Londra, ristoranti e atelier, negozi e locali alla moda in tutto il mondo. Un artista-artigiano, geniale nelle sue trovate, uno che mette le mani tra fili e lampadine, affascinato dalla luce, dai suoi riflessi, dalle ombre e figure fantastiche che crea.

Non basta guardare le sue creazioni, che nascono dal fare - mai da un disegno 3D o un progetto sulla carta -: per capirle veramente serve andare nel suo studio, in un ex mulino a Villa di Serio, dalle finestre grandi e dai tavoli pieni di materiale. Ci sono pinze, ferro, vetro e ingranaggi. E ci sono le mani grandi di Catellani, il sorriso che parte dagli occhi che si fanno sottili, da gatto curioso: «Ho presentato il Turciù a Francoforte nel 1989: la consacrazione è arriva l’anno seguente e il mio è stato un ritorno al calore della lampadina dopo che negli anni Ottanta la luce alogena, accecante e fredda, aveva invaso il mercato, con le piantane che erano l’oggetto di arredo più richiesto». Il Turciù è un cambio culturale: «Ho ripreso in mano la lampadina e l’ho associata a delle “braccia” flessibili che ognuno può muovere come desidera: fino a 36 lampadine che offrono un’esplosione di luce». Una lampada tutto sommato molto semplice da «costruire»: «Da qui le copie, talmente era (ed è) facile recuperare il flessibile utilizzato per il mio groviglio», continua Enzo Catellani. A imitarlo i primi sono stati gli italiani: «Poi la Germania, che è anche il mio primo mercato estero di riferimento; per trovare alla fine copie in tutto il mondo, dalla Cina all’America. La cosa buffa era che, più la copiavano, più l’originale era richiesto, tanto che negli anni Novanta la collezione dei Turciù è stata il 70% del fatturato».

Poi è arrivato il Fil de Fer, e anche quello è preso d’assalto dagli imitatori: «E forse qui me la sono presa di più, perché da sempre questa lampada è quella che sento più mia». Nasce da un gesto di intuito, con un aneddoto curioso che pochi conoscono: «L’architetto che nel ’99 progettò il Museo della Zecca, a Roma, mi commissionò una lampada. Pensai a un cielo stellato e iniziai a lavorare il filo di ferro in cui applicai numerosi punti luce – racconta -. Quel groviglio luminoso non sortì l’interesse del committente e nel Duemila, dopo mesi che giravo attorno a quel pezzo di ferro che manipolavo e modellavo, l’ho proposto al Fuori Salone di Milano con altre creazioni che lanciai in edizione limitata: fu un’operazione di marketing che alzò l’interesse e la domanda e il Fil de Fer diventò la nuova lampada più richiesta».

In fondo Enzo Catellani il marketing lo ha sempre sfruttato a suo piacimento, con cataloghi sempre d’avanguardia e quella storia del suo nome che è diventata leggenda: «Ormai lo sanno tutti che Smith era il nome del mio cavallo. In fondo nella vita ci vuole un po’ di ironia e io ho saputo non prendermi troppo sul serio - continua -. Il mio obiettivo è da sempre restare piccoli pur crescendo, mantenendo rigore artigianale e gusto per una produzione con al centro il prodotto. Sarà banale, ma se lo sono dimenticati in molti: quello che fa il mercato è il prodotto. Quale? La lampada, che fa “vivere” la luce».

L’azienda nel frattempo si evolve: «Siamo in una fase 2.0 grazie anche al lavoro della seconda generazione della famiglia: mia figlia Giulia che segue l’ambito gestionale e Tobia, responsabile commerciale, marketing e comunicazione» continua Enzo Catellani. In atto un nuovo progetto: «Si chiama Young Smith con designer emergenti che produrremo. Partiamo ora con OliveLab e la linea Equilibrio» commenta Tobia Catellani.

Intanto le lampade dell’azienda di Villa di Serio fanno il giro del mondo, con un fatturato che nel 2016 ha quasi raggiunto i 10 milioni, «+ 4% rispetto all’anno precedente e in crescita su 2017, con una stima del +3% - commenta Giulia Catellani -. L’Italia copre il 20% del nostro fatturato, poi c’è l’Europa con il 50%: in vetta c’è la Germania, a seguire Francia e Svizzera. Crescono i mercati di Asia e Stati Uniti».

Una ventina i dipendenti, con due basi, a Villa di Serio e Scanzo: «La mia luce è una presenza spesso ingombrante, corposa, direi quasi arrogante nella gestione degli spazi – sorride Catellani -. Siamo in musei, atelier, ma anche solo a manifestazioni o eventi temporanei«. Una delle collaborazioni più recenti è quella con il Museo delle Culture Mudec di Milano dove è stato illuminato il ristorante del museo curato dallo chef pluristellato Enrico Bartolini, oltre a una produzione sempre più estesa «di corpi illuminanti pensati per l’outdoor ma in grado di riprodurre lo stesso calore e la stessa atmosfera della luce da interni». Il grande protagonista di questa collezione è il vetro di tipo artigianale che, prima del suo completo raffreddamento, viene modellato a mano. «Il vetro è la mia ultima passione – spiega Catellani -: sto collaborando con l’ultima fornace di Venezia, nata nel 1840 e sto pensando al mosaico come nuova forma d’ispirazione».

E sempre il vetro sarà il protagonista dell’installazione di Catellani all’interno de I Maestri del Paesaggio, dal 7 al 24 settembre, con un’installazione nel Giardino di Casa Tresoldi in via Colleoni, in Città Alta: «Una parete verde - spiega Parenzan, responsabile di prodotto -, in cui sono inserite un centinaio di lampade Syphasera, dove l’ottone e il vetro creano steli luminosi che si fondono con la natura». Un presenza tradizionale, quella di Catellani, all’interno della kermesse di design e architettura: «Tre anni fa la sfida, e l’occasione per lavorare nell’outdoor: da qui una nuova fascia di mercato, sempre più ampia e richiesta».

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