Dove c’è la forza
dell’amore è Natale

Pubblichiamo il testo dell’omelia di Natale del vescovo Francesco Beschi.

Cari sorelle e fratelli poco più di dieci giorni fa aprivo la Porta della misericordia in questa nostra Cattedrale, un gesto simbolico di grande intensità, che ha raccolto anche molte persone. Questo gesto trova la sua verità nel Natale che stiamo celebrando, perché è proprio con la nascita di Gesù che si aprono definitivamente le porte del cielo, le porte di un Dio che per molti sembra inaccessibile, le porte di un Dio che ancora in molti suscita un’oscura paura, Gesù che nasce. E proprio nello spessore umano che molti e molte di voi conoscono - spessore umano di una nascita - spalanca le porte del cuore di Dio e rende gli uomini consapevoli della possibilità di entrare nel cuore di Dio attraverso la porta della misericordia.

Gesù che nasce - quest’uomo, il Figlio di Dio fatto uomo che entra nella nostra vicenda umana - è proprio il volto della misericordia di Dio: ci manifesta, ci mostra la misericordia di Dio. Sono consapevole che vi sono non poche persone che per le ragioni più diverse possono dubitare di questa misericordia: io invito tutti, cominciando da me stesso, a orientare in questi giorni i nostri sguardi verso Gesù che nasce, perché è in Lui, nella sua vicenda tutta umana, ma di una umanità capace di liberare la speranza degli uomini, che noi possiamo trovare le ragioni per credere nella misericordia di Dio.

La storia, la nostra storia, i nostri giorni sono ancora attraversati da mille smentite dell’annuncio della misericordia: a volte ci sembra che la misericordia non abbia proprio trovato posto nel cuore degli uomini. Nel momento stesso in cui ci interroghiamo su questo ci viene offerto, proprio donato - non solo dal calendario che passa, dalla successione dei giorni, ma dalla fede della Chiesa - l’annuncio del Natale, cioè l’annuncio di una misericordia che non è soltanto idea, che non è soltanto programma, che non è soltanto un buon proposito, che non è soltanto un gesto isolato, ma una misericordia che si è fatta carne, è diventata un uomo in carne ed ossa, è diventata uno di noi. Questo è l’annuncio del Natale: quell’annuncio che è capace a volte, nei modi più strani, di risvegliare nel cuore di molti, anche nei più distratti e indifferenti, una speranza. Dobbiamo essere consapevoli perché tutto non sia solo parola - altrimenti sarebbe proprio una smentita del mistero del Natale, della parola che diventa uomo - che è un dono affidato alla nostra libertà, alla libertà dell’uomo, come un bambino, come questo bambino che viene affidato non solo al grembo e alle mani di Maria e di Giuseppe ma al grembo e alle mani di tutta l’umanità, di ogni persona umana, che liberamente può accogliere questo dono o rifiutarlo. L’abbiamo udito proprio nella pagina del Vangelo che la possibilità del rifiuto è assolutamente all’ordine del giorno dell’umanità.

La misericordia di Dio nella nascita di Gesù accolta dalla nostra libertà che diventa fede è capace di illuminare l’oscurità prodotta dal male. La nascita di Gesù, come quella di ogni bambino, è una sorpresa, e la luce di questo bambino è una luce minuscola. Dio ha proprio scelto di entrare così nella storia degli uomini, come una luce minuscola, come una carezza delicata, come un amore sconvolgente che viene testimoniato proprio nel buio, nell’indifferenza e nell’ostilità.

Cari fratelli e care sorelle la nascita di Gesù avvenuta nel tempo non è successa in condizioni meno difficili rispetto a quelle che stiamo attraversando. Avviene sempre allora come oggi nell’oscurità, nell’indifferenza e nella ostilità, ed è proprio lì che si colloca questa luce minuscola, questa delicata carezza e questo amore sconvolgente.

Cari fratelli noi stiamo credendo di più alla potenza del male che ci viene rappresentato in mille forme, da quelle che a volte attraversano la vita delle nostre famiglie (toccando la salute o gli affetti), fino a quelle che attraversano la vita di una società (toccando le nostre sicurezze, cominciando da quella del lavoro), o quelle che attraversano la storia del mondo intero, soprattutto nel momento in cui ci viene rappresentata sotto il segno del terrore e della guerra, addirittura attraversano e toccano la vita della Chiesa, con degli scandali che a volte mettono alla prova la nostra stessa fede, ma la fecondità del bene è proprio quella rappresentata dall’irriducibilità della nascita di questo bambino che non può essere più cancellata dalla storia e che continuamente dentro questa rappresentazione del male suscita una speranza. Una speranza che non è semplicemente affidata al nostro ottimismo e nemmeno soltanto alla nostra volontà, ma a questo gesto di Dio e il Dio in cui i cristiani credono è un Dio che compie questo gesto, facendosi uomo e venendo a collocare questa luce minuscola affidata alla nostra libertà proprio dentro l’oscurità di ogni male.

Che cosa significa allora? Se veramente siamo disposti ad avvicinarci a Betlemme, alla capanna, al presepio, alla mangiatoia, se questo avvicinamento non è semplicemente un avvicinamento esteriore, noi ci rendiamo conto che l’annuncio della misericordia diventata uomo nella persona di Gesù illumina la nostra mente, diventa una luce capace di illuminare la nostra mente, aprendola sempre di più. Questa mente che è stata capace nei secoli non solo di produrre male, ma di creare un’infinità di possibilità di bene, viene ulteriormente, nuovamente illuminata dalla luce della misericordia. È l’intelligenza misericordiosa che riscatta l’uomo dai limiti che progressivamente attraversa. L’intelligenza illuminata dalla misericordia, è quella che veramente alimenta uno sviluppo, un progresso realmente umano e non deformato o addirittura disumano.

La misericordia non è soltanto luce, la misericordia diventa la forza delle nostre mani, a volte infiacchite e altre volte impigrite. È il lavoro segnato dalla misericordia: questa misericordia diventata carne, che crea speranza, che crea speranza per tutti. Non un lavoro che risponde soltanto al mio interesse, alle mie necessità: il lavoro alimentato dalla forza della misericordia è un lavoro che crea speranza, non solo per me, non solo per chi lavora, ma che ricrea speranza anche per chi in questo momento non può sperare nel proprio lavoro.

La misericordia non è soltanto luce della mente, non è soltanto energia delle mani, ma è freschezza del cuore. Chi veramente si lascia conquistare dalla misericordia di Dio non resiste a questo dono rappresentato dal segno di Cristo che nasce, vede rigenerare il proprio cuore. Molti in questi giorni hanno ricevuto il dono della misericordia nel perdono dei peccati e credo che possano dire di questa rigenerazione del cuore: quante sclerocardie, quante malattie che affliggono i nostri cuori, altre volte il nostro cuore è stanco. Ebbene la misericordia accolta liberamente rigenera il cuore, gli ridà freschezza. Ed è l’amore rigenerato, che è capace di riaffermarsi lì dove l’odio sembra stravolgere la nostra umanità. Ci sono infiniti Natali che stanno avvenendo nel mondo, lì dove ci sono uomini a volte piccoli, a volte completamente nascosti e ignorati, che pongono un gesto di Gesù, a volte senza neppure saperlo. Lì è Natale, lì la forza dell’amore, anche nelle condizioni più disumane si rappresenta vincente rispetto a quel male che vorrebbe cancellare ogni traccia di umanità.

Cari fratelli e care sorelle essere cristiani oggi non significa ripetere materialmente i gesti che Gesù ha compiuto duemila anni fa, ma significa incarnare il suo amore nella nostra storia, nelle nostre vicende, nella nostra vita.

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