Esercizio provvisorio
e blocco dell’Iva
Sogno di mezza estate

Il black out politico fa fare un sogno proibito di mezza estate a chi considera prioritario, senza se e senza ma, rimettere sotto controllo i conti pubblici italiani. Un sogno talmente proibito che è inconfessabile, e certamente nessun politico farà proprio: prima di tutto sbloccare la clausola di salvaguardia Iva, e in secondo luogo far andare il bilancio dello Stato in esercizio provvisorio il 31 dicembre. Due mosse che hanno il vantaggio di non essere prese da nessuno: intervengono in automatico. Basta lasciar scorrere il tempo, e dire che è colpa di altri, in particolare di chi ha creato la crisi, se non si può provvedere diversamente. Due mosse non certo indolori, intendiamoci, anzi - specie la prima - devastanti per il settore commerciale, come denunciano Confcommercio e Confesercenti.

Ma è pur vero che il meccanismo Iva prima o poi dovrà essere sbloccato, perché è una specie di valanga. Inizialmente di pochi miliardi, vale oggi, otto anni dopo, 23 miliardi, e nel 2020 salirà di altri 5, e così via. Gravare i consumi di 23 miliardi è chiaramente un problema insostenibile sia per gli acquirenti che per gli esercenti. Questi ultimi vivono già una crisi quasi esistenziale perché schiacciati dall’aumento degli affitti nei centri storici (fuori ci sono i centri commerciali) e dall’e-commerce.

Ne soffrirebbero anche settori come la ristorazione e il turismo, nonché in generale i servizi, che non sono stretti da questa tenaglia ma hanno problemi di credito e di costo del lavoro. E a macchia d’olio coinvolgerebbe manifattura e artigianato. È il costo dell’effetto composto di una gestione dell’economia portata avanti mettendoci una pezza all’anno. Con la differenza che all’inizio la copertura ha effettivamente attinto a tagli, ed ha dunque avuto un effetto in parte virtuoso, ma poi ha fatto ricorso a coperture a debito. Dopo otto anni e cinque governi è ormai questione prioritaria per qualsiasi esecutivo futuro, ma siamo in tempi in cui la questione consenso da fisiologica è diventata una ossessione, togliendo respiro a politiche di lungo termine, quelle che distinguono uno statista da un politicante che chiama numerini le regole inesorabili dell’economia. Certamente, chiunque dovesse guidare il Paese con un minimo di senso di responsabilità dovrebbe prendere in mano la questione e infatti anche nelle retrovie della crisi politica attuale, si sussurra di interventi parziali, di ristrutturazione delle aliquote o di proroga di qualche mese del blocco. Ma è elementare constatare che se ogni anno si deve impostare una politica di bilancio partendo da -23 o -28 miliardi, spazio per qualunque altra cosa non ce n’è, e far debiti all’infinito non è possibile. Per il 2020 bisognerebbe reperire almeno 40 miliardi. Altro che riduzione delle tasse.

Quanto al secondo tema, l’avvio a gennaio dell’esercizio provvisorio, è questione molto meno drammatica. Sarebbero bloccate tutte le spese ai medesimi livelli dell’anno precedente per un numero massimo di 4 mesi. Negli Usa il sistema è ben più drastico, perché l’intero settore pubblico, in casi come questo, non viene più finanziato, stipendi e pensioni compresi. È accaduto anche a Trump, e ha dovuto arrendersi.

Da noi, nei primi 50 anni, è accaduto ben 33 volte, e ha fatto da calmiere alla crescita della spesa. Dunque l’esercizio provvisorio non sarebbe un dramma come quello delle clausole Iva, e sarebbe anzi un bel raffreddamento delle spinte alla spesa.Non una soluzione, ma una dose di antibiotici utile.

Si arriverà a tutto questo? Se la crisi stessa del governo strano strano ha all’origine anche il timore di dover prendere per le corna problemi tanto complessi, non è certo una campagna elettorale che potrà dare una risposta seria, perché non si vede in giro molto coraggio dell’impopolarità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA