Il coniglio di Alice
e i volteggi contabili

Domani è il giorno della presentazione del Def. Facile che il pubblico lo scambi per una nuova tassa. No, è semplicemente il documento preliminare per le modifiche triennali di bilancio, un tormentone che durerà da Pasqua a Natale. Renzi, che ama stupire, ha già detto che il documento non conterrà né nuove tasse né nuovi tagli.

Una bella acrobazia, visto che nel 2016 occorrerà trovare in ogni caso almeno 16 miliardi per non far scattare la tagliola di quell’assegno postdatato che sta passando di mano in mano, con aumento automatico di Iva (al 25,5%!), e tasse varie, se non si fa nulla (e non far nulla, in linguaggio semplice, vuol dire né tagliare né tassare...). Il capo dei Sindaci, Fassino che, essendo renziano, lo conosce bene, ha già messo le mani avanti, sentendo odor di fregatura. Quest’anno, raschiando il barile, abbiamo messo insieme 3 miliardi, ma 16 sono tanti, e almeno 10 non possono venire solo da minori interessi sul debito. E allora il punto chiave riguarda la crescita dell’economia.

Da questo, dipende tutto, e in particolare proprio l’introito fiscale (più prodotto, più entrate da Iva e Irpef). La pressione complessiva (oggi 43,5%) può scendere solo se il prodotto cresce. Altrimenti, in percentuale, sarà più alta. I governi di solito fanno previsioni larghe, per poi addebitare a qualcuno o qualcosa risultati meno brillanti. Quello italiano batte sempre tutti in ottimismo. Negli ultimi anni, ben 14 punti di scarto tra auspicato e consuntivato. Se li avessimo fatti davvero, avremmo azzerato la crisi epocale e messo anche da parte un bel 4%.

Questa volta si parla di una crescita dello 0,7 per il 2015, ma il furbissimo Renzi, dicono un po’ tutte le centrali internazionali di calcolo, stavolta sembra essere stato basso, riservandosi tra un po’ di “sbalordire” tutti con una percentuale più alta. Ci sono in verità tre fatti concreti che da soli, senza merito di nessuno in casa nostra, dovrebbero farci crescere: il dollaro verso la parità con l’euro, il crollo del prezzo del petrolio, un terremoto, l’intervento massiccio dei capitali della Bce (già 7,6 di debito italiano prelevati da Francoforte in pochi giorni), che tolgono fardelli dalle spalle del bilancio pubblico e dei vincoli bancari, restituendoli ai conti dello Stato e delle imprese. Secondo Confindustria, in un momento di euforia di qualche settimana fa, questi fatti da soli avrebbero giustificato un +2,5. Fine della crisi.

Ma la salita potenziale non termina qui. Qualcuno aggiunge l’intervento di due altre “manine” amiche: quella milanese dell’effetto Expo, e la mano santa vaticana del nuovo Giubileo, arrivando ad ipotizzare un altro +1. E saremmo a +3,5! Renzi ha poi sempre detto che anche gli effetti del Jobs act e delle riforme istituzionali sarebbero stati misurabili in termini di Pil. E vogliamo dargli ragione. Insomma, in un laboratorio economico astratto si potrebbe anche ipotizzare non diciamo una crescita cinese, ma “almeno” americana. Fosse vero...

Il guaio però è che se andiamo a guardare in casa d’altri, scopriamo che il nostro ipotizzato 0,7 è più o meno la metà di quanto programmano in media i nostri soci europei, il che vuol dire che lo 0,7 impallidisce di fronte al tre volte tanto della Spagna. Noi acceleriamo, ma le distanze si allungano. Insomma, l’effetto strano strano del coniglio di Alice che correva disperatamente ma restava sempre nello stesso posto.

La pensano così, non a caso, i giovani in cerca di lavoro, che sono sempre lì ad aspettare non le tutele crescenti di cui sentono parlare, ma un posto per esercitarle. Lo pensano in Europa, dove presto ci chiederanno conto dello slittamento dell’aggressione al debito, sempre rinviata (fiscal compact). Lo pensano gli imprenditori dell’edilizia che sanno che tutto comincia o finisce dal loro settore .

Oggi sapremo la differenza reale tra tagli all’antica e spending revew in salsa fiorentina. Un inglesismo per togliere alle imprese, con la mano sinistra, i vantaggi dati quest’anno con la mano destra? Ma dopo il Consiglio dei ministri sentiremo parole ottimistiche, e non vogliamo disincentivare le speranze. Anche il coniglio di Alice, in fondo, continuava comunque a correre, sperando prima o poi di andare avanti.

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