Il decollo industriale
e i nodi non risolti

Aver scelto di tenere l’assemblea annuale di Confindustria Bergamo dentro l’aeroporto, ha una evidente valenza simbolica, o addirittura programmatica. Orio è infatti non solo la più performante infrastruttura bergamasca, e storicamente l’esito felice di una collaborazione tra pubblico e privato, ma anche la sintesi della moderna identità di Bergamo: l’ormai consolidata vocazione all’export e all’internazionalizzazione e la capacità di decollare al di sopra del provincialismo, per guardare lontano. Il messaggio è confermato dalla presenza di relatori scelti dall’eccellenza di un mondo, quello delle reti fisiche – trasporti aerei e ferroviari – che un territorio leader in Europa nella manifattura, considera decisive per il proprio ruolo protagonista sui mercati.

Le infrastrutture, anche quelle virtuali, sono uno degli appesantimenti patiti dall’efficienza industriale e per completare il quadro di questi vincoli, pensando alle lentezze burocratiche e della giustizia civile, la prossima volta la location potrebbe essere collocata in un ufficio pubblico o in un Tribunale… La scelta è dunque coerente con l’indicazione della priorità che il presidente Stefano Scaglia ha sempre sottolineato con forza: un sistema viario che dia respiro alle relazioni tra Bergamo, la Lombardia, l’Europa. Basti pensare ad alcune grandi questioni ancora non risolte: lo scalo merci, il collegamento dinamico tra le valli e l’hinterland del capoluogo, la necessità di congiungere la grande Bergamo e la pianura, spinta ormai a far da sola grazie a Brebemi e agli insediamenti logistici che ha attratto.

A questi elementi di contenuto, va aggiunta la singolare occasione di confronto tra Alitalia e Ferrovie, che il governo – con non poche riserve di Confindustria – vorrebbe mettere insieme per l’ennesimo rilancio con soldi pubblici della compagnia di bandiera. Il presidente di Confindustria Boccia e quello di Bergamo, Scaglia, parleranno in un momento molto delicato del rapporto economia-politica per il nostro Paese, giusto poche ore dopo l’inizio dell’esame di Bruxelles sulla manovra di bilancio. È presumibile che Scaglia confermi un atteggiamento che potremmo definire di equilibrio critico nei confronti della gestione della politica nazionale, ma non potrà evitare questioni che hanno precisi riflessi sull’economia bergamasca. I tagli all’operazione industria 4.0, lo svuotamento di altre leggi orientate all’efficienza dell’impresa, l’assorbimento in capitoli assistenziali di agevolazioni utili a capitalizzare le aziende, hanno ricadute che fanno male ad un territorio che vuol correre i 100 metri piani e non una gara ad ostacoli. Per non parlare del decreto dignità che incide in negativo sul mercato del lavoro.

Tutti temi comunque di competenza diretta di Vincenzo Boccia, che è atteso ad una presa di posizione precisa dopo che il suo socio principale, l’Assolombarda di Bonomi, ha raccolto settimana scorsa vere e proprie ovazioni nell’assemblea svoltasi alla Scala, che ha rimbombato di applausi come neanche ai tempi di Pavarotti. Bonomi è sembrato addirittura il leader di una ribellione alla deriva in corso, con un durissimo attacco alla manovra dell’assistenza a debito, dello sviluppo solo messo sulla carta, degli investimenti che valgono un’inezia rispetto ad un pur consistente pacco di miliardi. Con ricadute sull’accesso reale al credito, perdite consistenti in Borsa, fuga di 70 miliardi di investimenti finanziari stranieri.

Boccia ha avuto in questi mesi un atteggiamento ondivago, passando dalla minaccia di manifestazioni di piazza contro la scarsa dignità del decreto Di Maio ad una retromarcia totale con addirittura un inedito annuncio di alleanza con una parte del Governo, ben oltre il tradizionale atteggiamento filogovernativo di Confindustria. Sembrava uno scambio conveniente tra appoggio politico e mantenimento di alcune riforme favorevoli al ruolo dell’impresa, ma è diventato un patto leonino, e allora c’è molta attesa per capire quale è davvero la posizione degli industriali in questa stretta decisiva. Orio mette a disposizione una pista d’atterraggio per definire anche il senso di responsabilità di una parte della classe dirigente del Paese.

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