Il dramma di un aereo
nel mistero dell’uomo

L’ultima notizia è la più tragica. L’aereo che si è schiantato in Provenza è caduto perché il copilota, Andreas Lubitz, 28 anni, ha volontariamente provocato l’incidente.

Dunque un suicidio e, soprattutto, un tragico omicidio di massa di tutti i passeggeri, del pilota che era uscito dalla cabina di pilotaggio per andare in bagno, dei membri dell’equipaggio, tutti ignari, tutti innocenti e tutti vittime.

Non si riesce a capire come possano capitare tragedie del genere. Ogni giorno abbiamo in mano un telefonino che, con un tocco, ci mette in contatto con mezzo mondo. Ci siamo progressivamente addomesticati a una tecnologia che ci ha resi potenti, anche quando non la conosciamo. Usiamo moltissimo ciò che conosciamo pochissimo. Ma, siccome le usiamo moltissimo è aumentata anche la fiducia in queste macchine così piccole e così potenti. Abbiamo imparato a fidarci e ad affidarci. Questa fiducia previa nelle macchine ce la portiamo appresso anche quando si sale su un aereo. L’aereo è pilotato da poche persone, durante il volo anche da una sola, e quella macchina volante si porta in cielo centinaia di persone insieme.

Qui il pochissimo dell’uomo e il moltissimo della macchina diventa ancora più evidente. Se poi si allarga lo sguardo all’insieme del fenomeno si resta basiti. In ogni momento migliaia di aerei sono in volo e diversi milioni di persone si trovano sopra le nostre teste. La tecnica ha dato la stura a questo strepitoso fenomeno umano. Io, piccolo, incapace di alzarmi di un solo metro da terra, salgo a diecimila metri e divento cittadino della «città in aria». «Milioni di esseri abitano questo quartiere alto della città, assolutamente stabile, anche se lanciato a velocità subsonica. Vuoi il mio indirizzo? Eccolo: A 340; OSA-CDG, 14F: tipo di apparecchio, direzione del volo, numero di poltrona». Così Michel Serres, nel libro «La légende des anges», descriveva il fenomeno colossale dei viaggi aerei. Insomma la tecnica permette sempre un salto: dal poco al molto, dal piccolo al grande, dalla terra al cielo.

Ora, nel mondo così potente che la tecnica ha reso possibile, arrivano delle varianti. La variante più facile da capire è che la tecnica cede e l’uomo si vede ferito nella sua illimitata fiducia. Il mio cellulare si blocca. Prima era la porta per entrare nel mondo intero. Ora la porta si è chiusa. A me rimane solo questa inutile scatoletta inerte. Anche nell’immensa città del cielo avvengono le anomalie della tecnica. L’aereo si guasta e precipita. Fino a ieri si pensava che fosse questa la ragione per cui l’aereo era caduto sulle montagne della Provenza. Poi è arrivata la notizia: l’aereo, in tutta probabilità, è stato fatto precipitare a terra dal copilota. Non la tecnica che fa diventare l’uomo vittima, ma l’uomo che usa la tecnica per fare vittime, per farne il più possibile e proprio grazie alla tecnica.

Insomma la variante più strana, la meno definibile, la più micidiale, resta l’uomo. La tecnica fa precipitare, sempre più raramente, un aereo. L’uomo, invece, li fa precipitare talvolta o perché compie errori di pilotaggio, o perché qualcuno lancia dei missili contro o perché la manutenzione è fatta male. Ma l’uomo potrebbe farli precipitare tutti, se lo volesse. Mi ricordo mia nonna che, di fronte alla sua vecchia radio, così rudimentale, così gracchiante, esclamava: «Però, che mistero». Il mistero per lei era che una voce così lontana potesse arrivare a casa. Con il passare del tempo la tecnica ha fatto passi da gigante, ha conquistato la nostra fiducia, siccome la si ritrova dappertutto, non è più un mistero. Il vero mistero, nel bene e nel male, è rimasto l’uomo che l’ha creata.

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