Là, dove vinse l’Italia,
ci sarà l’Atalanta

Dice il saggio: tra una strada in salita e una in discesa, scegli sempre quella in salita, ti troverai meglio. La salita dell’Atalanta adesso si chiama Borussia Dortmund. Pare incredibile. L’Europa League, la competizione che per luogo comune ti spedisce a giocare in posti assurdi contro squadre ignote, finora ha mandato l’Atalanta a Lione, a Liverpool, e a febbraio a Dortmund. Quella «coppetta» che quasi quasi poteva persino sembrare un impiccio, ora profuma incredibilmente di Champions League.

Bel vantaggio aver vinto il girone per essere testa di serie ed evitare le più forti, ribatte il bergamasco medio, mai contét. Vero: è la beffa dell’urna. Dal sorteggio poteva saltar fuori una partita «facile», invece è saltata fuori quella «impossibile». Virgolette d’obbligo, perché nel calcio può capitare che il Milan prenda il gol del pareggio all’ultimo secondo dal portiere del Benevento. Quindi può capitare di tutto, anche che l’Atalanta, a febbraio, suoni una delle squadre più forti d’Europa, ancorché, ora, in difficoltà. D’altronde l’Atalanta è o non è la squadra arrivata quarta in serie A, triturando tutti i record possibili? È, punto. Quindi, su col morale, che ce la si giocherà.

Poi, vada come vada. Ce l’eravamo detto anche trent’anni fa, mettendo piede in Coppa delle Coppe da squadra di serie B, e siamo finiti in piedi sui divani, nella notte di Lisbona, e poi contro il Malines a sognare la finale con l’Ajax. La storia si ripete, e la storia rimette l’Atalanta dentro una sfida da Davide contro Golia, una sfida di quelle che ti ricorderai per sempre solo per il fatto che te la sei guadagnata.

Ribatte il nostro amico mai contét: mettici tutto lo zucchero che vuoi, ma io preferivo il Lugodo... Ludogo... come si chiama quella squadra là, piuttosto che il Borussia subito, che magari ci soffoca di gol e torniamo a casa. E mica puoi facilmente dargli torto, al nostro amico. Perché proprio adesso che ci si stava prendendo gusto, diciamolo: andare avanti più che una salita è una scalata himalayana. E va detto che proprio con le urne bisognerà trovare il modo di far pace. Tra gironi, Coppa Italia e sedicesimi, ne fosse andata dritta una. È beffa ma, il girone ce l’ha insegnato, anche grande fascino.

E l’Atalanta ci è abituata, e questa Atalanta, a ben guardare, meritava più il brivido del leggendario muro giallo dei tifosi del Westfalenstadion, che l’anonimato dello stadietto del Ludogocomesichiama, che a vederlo su Internet pare una scatoletta da LegaPro. L’Atalanta, questa Atalanta, meritava un palcoscenico che profuma di Champions League.

Lì hanno giocato decine di volte le più forti squadre italiane. Lì la nostra Nazionale ha battuto la Germania nella semifinale 2006, quella del gol di Fabio Grosso, e andiamo a Berlino. Lì ha giocato, solo a fine settembre, il Real Madrid. Lì hanno fatto gol Bale e Cristiano Ronaldo. Lì, su quell’erba, adesso andranno il Papu e Masiello, Caldara e Petagna. Sarà una notte da «io c’ero», comunque vada. Forse, ma anche senza forse, il punto più alto di 110 anni suonati di storia atalantina fuori dai confini italiani. E infatti i bergamaschi sono già scatenati, la febbre è altissima e se a qualcuno avanza un aereo o un bus o un tramvai o un dorso di mulo sappia che per quel giorno lo dovrà tener libero per la tratta Bergamo-Dortmund, perché è già chiaro che il 15 febbraio si muoveranno migliaia di bergamaschi.

Dunque, ribadisce il saggio: tra una strada in salita e una in discesa, scegli sempre quella in salita, ti troverai meglio. Qui, altro che salita. Sarà dura, e il rischio di cadere alto. Ma metti caso che poi si arriva in vetta. Sai che panorama, da lassù, anche stavolta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA