L’agente provocatore
È la nuova giustizia

L’attenzione dei media è tutta concentrata sulla formazione del nuovo governo. Il contratto siglato tra 5 Stelle e Lega, cioè il programma del futuro esecutivo, ha risalto soprattutto per la parte economica: dove trovare le coperture a quanto promesso? E i rapporti con l’Europa si incrineranno o resteranno nel solco di una dialettica politica anche dura ma senza strappi? Nel contratto però ci sono aspetti finora trascurati dal dibattito pubblico che meritano invece un approfondimento. Alla voce giustizia ad esempio sono previste novità quantomeno dubbie. Un esempio: l’introduzione dell’agente provocatore, con il compito di testare la corruttibilità non solo di funzionari pubblici ma anche di cittadini che hanno particolari responsabilità.

L’agente dovrà «creare la corruzione» offrendo tangenti per valutare la risposta e quindi il possibile reato. Una figura inquietante che non persegue reati commessi ma testa la tenuta morale del presunto corrotto. Roba da Stato etico insomma. Lega e 5 Stelle hanno previsto questa figura riprendendola da Piercamillo Davigo, grande sostenitore dell’agente provocatore. Per l’ex pm di Mani Pulite «non esistono innocenti ma solo colpevoli non ancora scoperti» e c’è un unico modo per pizzicarli: generare il reato con agenti di polizia sotto copertura. La proposta è stata bocciata invece dal presidente dell’Agenzia nazionale anticorruzione Raffaele Cantone che l’ha definita «pericolosissima per la nostra democrazia». Nel Padre Nostro è scritto: «Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male»…

Il contratto ha un forte accento giustizialista (del resto questo è uno dei punti di contatto certi tra Salvini e Di Maio) nel rispondere alle legittime richieste di sicurezza dei cittadini, ma trascura ogni valutazione su dati oggettivi. La pena è concepita come sola retribuzione, e rischia l’incostituzionalità perché nella nostra Carta è scritto che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». I dati dicono che una carcerazione solo afflittiva restituisce alla società persone che tornano a compiere reati con una percentuale molto più alta (70%) rispetto invece a chi beneficia di pene alternative (20%). È un fatto risaputo, per chi non vuole imbrogliare.

Il contratto poi rimette mano all’istituto della prescrizione allungandone i tempi (come se i processi in Italia non fossero già abbastanza lunghi; non è raro che durino quanto la vita media di un adulto: è dignitoso?). Si punta anche a potenziare l’utilizzo delle intercettazioni (già abusato). È previsto un innalzamento delle pene per una serie di reati (come per la corruzione, ma già portata fino a vent’anni di carcere nella precedente legislatura). In generale il contratto affida al carcere molte risposte, nonostante i dati sulle recidiva già citati. A metà degli anni ’70 negli Stati Uniti fu introdotta una dottrina col motto «se sbagli tre volte, sei condannato al carcere a vita»: il risultato non fu a favore di una maggiore sicurezza.

Ma tant’è. Il contratto introduce anche una restrizione delle norme su imputabilità, determinazione ed esecuzione della pena per i minori, causa «una progressiva precocità di comportamenti criminali», eliminando inoltre la possibilità di trattamento minorile per chi ha meno di 25 anni (com’è oggi).

Non potevano mancare poi novità sulla legittima difesa: «In considerazione del principio dell’inviolabilità della proprietà privata – è scritto nel contratto - si prevede la riforma ed estensione della legittima difesa domiciliare, eliminando gli elementi di incertezza interpretativa (con riferimento in particolare alla valutazione della proporzionalità tra difesa e offesa) che pregiudicano la piena tutela della persona che ha subito un’intrusione nella propria abitazione e nel proprio luogo di lavoro». In pratica non si potrà nemmeno aprire un procedimento per accertare minimamente i fatti.

È stato calcolato che se venissero attuati anche solo alcuni dei provvedimenti annunciati, dopo sei mesi le carceri italiane arriverebbero a ospitare 70 mila detenuti, dagli attuali 58 mila. Non a caso è prevista la costruzione di nuove case circondariali. Ma già oggi alcune hanno intere sezioni vuote per mancanza di personale, che ha costi e la necessità di relative coperture.

L’Italia ha bisogno di mettere in pratica ciò che già prevede la nostra Costituzione, come la ragionevole durata dei processi sancita dall’articolo 111. Ha urgenza di pene certe e utili, di giustizia e non di vendetta.

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