Lo sconfitto è uno solo
Ma chi è il vincitore?

Quanti mal sopportavano il protrarsi di questa interminabile, defatigante campagna referendaria e hanno sperato che finalmente col 4 dicembre la rissa avesse termine, dovranno ricredersi. Domenica non si è chiusa la campagna elettorale. Si è chiuso solo il primo tempo di una partita destinata a giocarsi in due, forse addirittura tre tempi.

Gli italiani hanno decretato infatti la bocciatura non solo della riforma costituzionale ma anche, prima e ancor più, del più esposto degli sponsor della stessa, Matteo Renzi. Le sue inevitabili dimissioni aprono ora la crisi di governo che spalanca la porta a nuove elezioni, previa forse la modifica di una o di entrambe le leggi elettorali - l’ Italicum (maggioritario) per la Camera e il Consultellum (proporzionale) per il Senato - che rischierebbero altrimenti di sfornarci un Parlamento con due diverse maggioranze, ossia di prepararci all’ ingovernabilità. Nella migliore delle ipotesi ci aspettano altri sei mesi di campagna elettorale tirata, si può star certi, fino allo spasimo. Alle prossime politiche si decide il futuro di tutti i partiti e tutti oseranno l’inosabile pur di non soccombere.

Tutto ciò perché il voto era solo formalmente referendario, mentre di fatto era - e non poteva che essere - politico. Per responsabilità prima degli attori ma, forse ancor più, per l’ inesorabile logica delle cose. Il quesito era troppo complicato per essere popolare. Inevitabile che gli elettori, incoraggiati in ciò dalla convergenza in un unico fronte di tutte le opposizioni, puntassero direttamente ad esprimere un voto pro o contro il governo. Si aggiunga che nel Paese l’ insoddisfazione, per usare un eufemismo, verso il governo è alta e i conti subito tornano. Paradossalmente, infine, l’ assenza di un leader riconosciuto nel fronte del No ha funzionato non, come si temeva, a suo danno ma a suo favore. Ogni scontento di Renzi aveva a disposizione una sponda politica cui appoggiarsi, senza essere costretto ad intrupparsi in un’ armata capeggiata da un comandante - si pensi a Grillo nel caso dei leghisti o a Salvini in quello della sinistra - inaccettabile.

Risultato: gli italiani hanno deciso di bocciare insieme la riforma e il suo autore. Ma, se è chiaro chi sia lo sconfitto, non altrettanto lo è il vincitore. Nello schieramento avverso a Renzi tutti cercano di intestarsi la vittoria, ma non è affatto scontato chi alla fine ne sarà il vero beneficiario. I Cinquestelle sono i meglio posizionati. Se si voterà con l’ Italicum, non a caso all’ improvviso divenuto a loro graditissimo, al ballottaggio i sondaggisti li danno per vincenti. Hanno buone ragioni per festeggiare il successo elettorale anche gli altri partner del fronte del No, ma ragionevolmente dispongono di minori chance di agguantare una maggioranza nel futuro Parlamento, sia che si voti col maggioritario che col proporzionale. La destra resta divisa su tutto: programma, schieramento, leadership. Come può in queste condizioni mettere a frutto il suo potenziale elettorale? La minoranza del Pd poi è a pieno titolo una vincitrice perdente: vincitrice perché ha piegato il suo segretario, perdente perché ha poche carte da giocare all’ interno del partito e nessuna fuori. Consiglio finale per i naviganti: tormenta in arrivo. I marosi non sono finiti, la navigazione sarà lunga e non è dato sapere a quale porto - e in quali condizioni - la nave Italia alla fine attraccherà.

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