Lo spaccio in città
Lo spaccio nel mondo

Non passa giorno senza che la cronaca non dia conto dell’arresto di qualche spacciatore e, periodicamente, del sequestro di grosse partite di droga. I cittadini che si ritrovano questo mercato al dettaglio sotto casa giustamente si lamentano e chiedono interventi risolutivi. Ci sono zone di Bergamo e della provincia che sono state «bonificate» ma lo spaccio ha una caratteristica: è mobile. Allontanato da un quartiere, trasloca in un altro. Il contrasto a questa piaga deve poi tener conto di un fattore dai risvolti drammatici: come ogni mercato, c’è un’offerta perché esiste una domanda, perché ci sono persone affette dalla dipendenza di sostanze stupefacenti, «leggere» o pesanti che siano, se proprio si vuole fare una distinzione (rischiosa secondo gli studi scientifici) sul livello di tossicità delle droghe.

Rispetto a questo fenomeno (la diffusione dei consumi) c’è stata di fatto una resa culturale, un’accettazione fatalista figlia dell’indifferenza o dell’ignoranza. Basterebbe infatti chiedere alle famiglie che affrontano il dramma di un parente tossicodipendente per comprendere quanto sia devastante dal punto di vista psicologico ed economico ad esempio il consumo di cocaina o di eroina.

Gli spacciatori sono la manovalanza di questo mercato di morte, l’ultimo anello di una grande catena che genera rendite enormi. Una manovalanza che non conosce crisi. Lunedì scorso, dopo l’arresto di uno spacciatore maghrebino di 28 anni in via Paglia, un commerciante della zona commentava a ragione: «Un pusher viene arrestato, la sua piazza viene immediatamente occupata da qualcun altro che lo sostituisce». Persone che vivono in strada e hanno bisogno di soldi per mangiare o tossicodipendenti che attraverso lo spaccio ricavano il denaro per l’acquisto di droga: è questo il profilo dei pusher. L’ultimo anello della catena è parte di un’organizzazione ramificata e globalizzata che fa affari sulla pelle dei tossicodipendenti. Secondo un rapporto dell’agenzia sulle droghe dell’Unione europea e dell’Europol, il mercato europeo delle droghe è dominato dalla cannabis. Circa 22 milioni di persone nell’Ue la consumano per un valore di 9,3 miliardi di euro all’anno, il 38% dell’intero mercato delle sostanze stupefacenti, che vale invece circa 24 miliardi di euro all’anno. Segue l’eroina per un valore di 6,8 miliardi di euro. Secondo il rapporto, questa sostanza è «responsabile di una significativa proporzione delle morti legate alle droghe e dei costi sociali». La commercializzazione della cocaina vale invece circa 5,7 miliardi. Il costo di una dose si è ridotto e non è più la droga dei ricchi: da qui la sua diffusione. C’è poi il gruppo delle sostanze sintetiche, come anfetamine, metanfetamine o ecstasy, che vale almeno 1,8 miliardi. La droga è una delle principali cause di mortalità tra i giovani del continente. Secondo la relazione al Parlamento sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia, 8 milioni di persone fanno uso sistematico di sostanze stupefacenti: siamo fra gli Stati europei con il più alto consumo di droghe. Nel 2013 era stato stimato che ci fossero 6,1 milioni di utilizzatori di cannabis, 1,1 milioni di cocaina, 218 mila di eroina e 591 mila di sostanze chimiche (ecstasy, lsd, amfetamine). Le informazioni raccolte dal Dipartimento per le politiche antidroga evidenziano che le attività connesse agli stupefacenti rappresentano quasi il 70% delle attività illegali complessive, capaci di pesare per circa lo 0,9% sul Prodotto interno lordo del Paese. Il consumo di sostanze stupefacenti sul territorio italiano alimenta un giro d’affari di quasi 14 miliardi di euro, di cui circa la metà attribuibile al consumo di cocaina e un quarto all’utilizzo di derivati della cannabis.

Il dramma droga ha conseguenze anche geopolitiche. Un crocevia del mercato della morte oggi è anche l’Africa, nello specifico la regione sahelo-sahariana: da lì passano ogni anno 18 milioni di tonnellate di cocaina (per un valore di oltre un miliardo di euro) diretta principalmente in Europa. Il mercato è gestito da narcotrafficanti africani e sudamericani con gli jihadisti, in un patto che comprende anche la tratta di persone dirette nel nostro continente. Quel miliardo di euro consente di corrompere agenti di frontiera e burocrazie statali, disinnescando gli accordi che puntano a governare l’immigrazione, vanificando l’impegno alla lotta di traffici vari. La droga è un male che ci riguarda, altro che rese culturali.

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