L’università vola
Sfida per la città

Il traguardo era previsto per il 2020 e invece è stato raggiunto nell’anno del 50° anniversario di fondazione. L’Università degli Studi di Bergamo ha superato i ventimila iscritti con due anni di anticipo, confermando una tendenza in atto da tempo. In un Paese con un tasso di laureati ancora troppo basso, in una provincia dove la dispersione scolastica è ancora troppo alta c’è un ateneo che attrae sempre più studenti e che si è attrezzato per gestire il fenomeno nel migliore dei modi. A meno di un mese dal via alle immatricolazioni la nostra università si trova con più di 4.000 neo iscritti, e la prospettiva di dover giocare in una categoria superiore dal prossimo anno accademico. «Abbiamo gli antidoti», risponde il rettore Remo Morzenti Pellegrini a chi gli chiede se il suo ateneo non stia facendo il passo più lungo della gamba. I corsi più affollati saranno duplicati, le aule verranno utilizzate a pieno regime, gli spazi sono stati e saranno ampliati.

Al nuovo Baroni verrà affiancata una parte del Museo Bernareggi, i lavori nel chiostro minore di Sant’Agostino stanno per partire e in via dei Caniana si lavora per mettere a punto il trasloco degli uffici nel palazzo di via Calvi recentemente acquisito dalla Provincia. Un risiko studiato a tavolino, reso possibile da un’oculata politica finanziaria. Unica pecca: i tempi dilatati per la riqualificazione della Montelungo.

E questo è un problema non da poco per un ateneo che vede crescere di anno in anno il numero di iscritti e di docenti in arrivo da fuori città, e che fa dell’internazionalizzazione uno dei suoi punti di forza. Agli stranieri non pare possibile che un’università degna di questo nome non abbia la possibilità di alloggiare i propri ospiti e non disponga di un campus residenziale. Gli accordi con Harvard, Max Planck e gli atenei cinesi (solo per citare alcuni dei maggiori enti con cui UniBg ha stretto collaborazioni) non possono prescindere dal concetto di residenza.

Una mancanza non contemplata, che a lungo andare rischia di far retrocedere l’ateneo orobico nel ranking internazionale faticosamente scalato. Il ritardo di 18 mesi nella consegna del cantiere difficilmente sarà recuperato, a questo punto c’è da augurarsi che i tempi non si allunghino ulteriormente.

Se la questione spazi è in buona parte sotto controllo, grazie agli interventi infrastrutturali messi in campo negli anni, preoccupano invece, e non poco, la carenza di risorse umane e il cronico sottofinanziamento da parte dello Stato. Il rettore ha recentemente chiamato a raccolta i politici bergamaschi, dai parlamentari ai consiglieri regionali, per sbloccare una volta per tutte la situazione. E risolvere quello che ormai è noto come «il caso Bergamo».

In gioco ci sono la valorizzazione e lo sviluppo dell’ateneo, non in termini numerici – quelli non sono più un problema – ma in termini qualitativi. Se non sarà possibile ottenere il via libera dal ministero all’assunzione di nuovo personale (docente e tecnico-amministrativo) UniBg subirà inevitabilmente una battuta d’arresto. Non potrà investire nella didattica, nella ricerca, più in generale nella formazione dei suoi studenti. Sarà costretta a programmare gli accessi ai corsi più apprezzati e si dovrà limitare a gestire il presente, senza guardare al futuro.

In sostanza il territorio perderà un’eccellenza e un’occasione per crescere. Scusate se è poco. Nell’anno in cui si celebrano i primi cinquant’anni dell’Università degli Studi di Bergamo perdere questa battaglia suonerebbe come una beffa.

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