Politica e non profit
La legge dei sospetti

Nelle democrazie le leggi hanno come obiettivo la tutela del bene e la sanzione di chi lo altera. Alcune nascono sulla spinta di un clima sociale e per assecondarlo sono viziate da eccessi. È il caso della cosiddetta «Spazza corrotti» che già dal nome denuncia la risolutezza di un’azione legislativa diretta a cancellare la corruzione, un reato generato non solo dal malcostume ma anche da burocrazie invasive e lente che si sbloccano quando sono oliate da mazzette. La nuova legge presenta almeno due problemi. Il primo è stato rilevato da una sentenza della sesta sezione penale della Corte di Cassazione.

Nel mirino le disposizioni che hanno inserito i reati contro la pubblica amministrazione nell’articolo 4 bis dell’ordine penitenziario, quindi tra i reati ostativi alla concessione dei benefici penitenziari, senza prevedere per altro alcuna regolamentazione della fase transitoria. Quest’ultimo aspetto ha consentito nei primi tre mesi del 2019 di applicare la legge anche ai procedimenti riguardanti reati commessi prima della sua entrata in vigore, con buona pace dei principi di irretroattività della legge penale.

Il secondo problema colpisce il mondo del non profit, nel comma in cui equipara ai partiti «le fondazioni, le associazioni, i comitati i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da persone che siano o siano state, nei dieci anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali, ovvero che abbiano ricoperto nei dieci anni precedenti incarichi di governo al livello nazionale, regionale e locale». Non è raro, soprattutto nei paesi, che persone che hanno svolto attività in liste politiche locali si dedichino anche al volontariato, pure con incarichi direttivi. La legge fa intendere che chiunque abbia esercitato il mestiere della politica, fino a prova contraria diventa sospettato di essere un potenziale veicolo di malaffare. Così la nuova norma con una logica punitiva sottopone gli enti non profit, equiparati a partiti, a un’onerosa certificazione dei bilanci, sottraendo risorse necessarie a realizzare le proprie attività non lucrative, di utilità sociale e di interesse generale. Ma gli oneri che più appesantiscono gli enti non sono solo quelli fiscali, ma anche organizzativi e gestionali. «Lo slancio civico di milioni di persone va sostenuto, non mortificato. Trasparenza e legalità sono una sfida che il Terzo settore italiano ha già accolto con gli strumenti introdotti dal nuovo Codice» sostiene il Forum del Terzo settore.

Il governo Conte ha un precedente negativo nel rapporto col mondo del non profit, quando raddoppiò l’Ires (l’imposta sul reddito delle società) per gli enti al 24%, salvo poi correre al riparo dopo le proteste con un emendamento al disegno di legge sulle semplificazioni. Che tutto ciò sia il frutto di distrazioni o di approssimazione è possibile. Ma si leggono talvolta dichiarazioni sospettose su questo mondo, esplicite nel caso delle ong che salvano naufraghi nel Mediterraneo («taxi del mare», «amici dei trafficanti») fino a osteggiarne l’azione, e di chi si occupa di immigrati e integrazione. La Lega chiede poi una commissione d’inchiesta sulle Case famiglia che accolgono minori in difficoltà (la «commissionite» è una malattia della politica italiana) perché sarebbe a conoscenza di casi di malversazioni e maltrattamenti, come ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini: ma i casi specifici vanno denunciati alle Procure, senza gettare discredito e sospetto su un intero mondo. «Dove men si sa, più si sospetta» diceva Niccolò Machiavelli.

Ci sono milioni di volontari che dedicano il loro tempo per rispondere a bisogni ai quali lo Stato non provvede, a rendere migliori le comunità di appartenenza. Senza nemmeno chiedere il rimborso spese. Servirebbe anche una legge Spazza sospetti.

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