Liste Pd, inciampo
sul territorio

Con la presentazione, oggi, delle liste dei candidati alle elezioni si chiude una fase fra le più scivolose, ma potrebbe aprirsene un’altra con strascichi non indolori. Vale per tutti, a cominciare dal Pd. Qualche nome storico rischia di non farcela, perché compete in una posizione sfavorevole: in realtà, una bocciatura mascherata. Nella ricaduta sulla realtà bergamasca, questo personaggio è Giovanni Sanga, deputato del Pd, e con lui quel mondo moderato che deriva dal Ppi-Margherita, per poi essere parte integrante della maggioranza renziana.

Conclusione inattesa per i più, non condivisa sul territorio e poco argomentata. Ma che si coglieva da alcuni giorni mentre nel partito, fra sforbiciate e nuovi ingressi, si selezionavano le caselle nella previsione di un netto ridimensionamento della propria squadra parlamentare. È successo che, fino a sabato pomeriggio, Sanga era (e rimane) il numero 3 nel collegio plurinominale proporzionale della nostra provincia per la Camera. Capolista è Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura e vice segretario Pd. Numero 2, in ragione delle quote rosa, Elena Carnevali. Attenzione: il collegio proporzionale è l’unico dove i dem possono giocare la partita, essendo di fatto preclusa un’aspettativa d’affermazione nei collegi uninominali. Qui la competizione è uno-uno e chi prende più voti porta a casa tutto: in questo contesto si ritiene che il centrodestra possa fare il pieno. Essere in terza posizione nel collegio proporzionale significava essere sotto la quota eleggibile, ma per l’interessato c’era ancora una speranza. Per questo motivo: Martina era candidato anche nel collegio uninominale di Milano e, in caso di successo, avrebbe di fatto consentito il recupero di Sanga. I conti nel Pd non quadravano del tutto, ma restava aperta una finestra d’opportunità. Il colpo di scena nelle ultime ore con Martina che ha deciso di non correre a Milano, ma soltanto a Bergamo: una blindatura che mette nell’angolo Sanga. Questo inciampo è stato percepito come uno schiaffo, e non solo fra gli estimatori del parlamentare, aggravando un malessere sottotraccia nel territorio. Ci sembra di capire che la situazione non sia solo confinata nel Pd ma che ne superi il perimetro, diventando, in termini di occasione persa, una faccenda bergamasca.

Senza nulla togliere agli altri parlamentari, Sanga è apprezzato per la sua presenza sul territorio e per le energie che vi ha speso, come gli riconoscono i suoi stessi avversari. In questi anni è stato un punto di riferimento per tanti mondi (anche quelli che non si riconoscono nel Pd), rappresentandone la sintesi e la proiezione in sede romana: è l’interesse generale quello che ci riguarda. Soltanto un anno fa il presidente della Provincia, Matteo Rossi, durante un convegno sulle infrastrutture con i vertici delle Ferrovie, citava Sanga definendolo «il ministro bergamasco». L’armamentario della difesa del territorio, della capacità d’ascolto dal basso e quant’altro è finito in retorica, dismettendo quella connessione emotiva e concreta fra élite e cittadini, quel sapersi capire sulla base di un quadro di valori e darsi una mano. Tante belle parole luccicanti sulle competenze e poi lasciare ai margini il relatore di dossier impegnativi: dal rientro dei capitali all’estero alla fiscalità internazionale e alla riforma del sistema bancario. C’è poi un risvolto politico e identitario, apparentemente l’opposto delle accuse a Renzi che, nella cornice nazionale, starebbe virando verso un neocentrismo. Secondo i calcoli del Pd, i parlamentari bergamaschi eleggibili potrebbero essere tre: Martina, Carnevali e Antonio Misiani, che corre nel collegio per il Senato in quota opposizione interna. Esce l’immagine di una rappresentanza tutta d’estrazione Pds-Ds, restringendo così il pluralismo dem a una sola dimensione. Più che un Pd in quanto tale, la riconferma soltanto della sinistra. In definitiva: i costi sono pagati dall’ala del variegato filone renziano, in particolare l’area dei cattolici democratici e popolari, che ha avuto un ruolo decisivo nella costruzione dell’Ulivo e del Pd e che ha solide radici amministrative e sociali nella Bergamasca. Un mondo di cerniera e di confine, che rischia di ritrovarsi senza rappresentanza parlamentare e con poca voce.

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