Referendum italiano
Polemiche europee

È probabile che i presentatori del ricorso contro il quesito referendario si aspettassero che il Tar non avrebbe dato loro ragione.
C’ erano vari precedenti a dire che i giudici amministrativi si sarebbero dichiarati incompetenti a giudicare una faccenda su cui era passata la mano sia della Cassazione (l’ ufficio del referendum) sia della presidenza della Repubblica. Ma naturalmente grillini e sinistra italiana non hanno alcuna intenzione di demordere: ogni ricorso che presentano significa telecamere, interviste,

conferenze stampa, post su Twitter e via propagandando. E per questo è immaginabile che la questione verrà spostata ancora più in alto, sino alla Cassazione, senza contare i giudizi pendenti di fronte al giudice civile e il ricorso dell’ ex presidente della Consulta Valerio Onida. Tutte scartoffie giudiziarie senza alcuna speranza di successo ma molto utili in questa campagna lunghissima che Matteo Renzi ha voluto infliggerci, sia perché il Quirinale gli ha imposto di indire il referendum all’ indomani dell’ approvazione della manovra di Bilancio 2017 (mettendola così al sicuro dai sicuri scossoni governativi dovuti ad una eventuale vittoria del No) sia perché come è noto Renzi spera di sconfiggere il fronte avversario nel tempo, recuperando quei sei o sette punti di vantaggio che il No ha conquistato nei mesi post-estate. E così, per contrastare la propaganda renziana, i Cinque stelle e gli ex Vendoliani corrono dai giudici, hai visto mai che si intoppa il meccanismo? Però il leghista Calderoli, che è una vecchia volpe, era certo che il Tar avrebbe dato torto ai presentatori del ricorso.
E dunque ha evitato di presentarne uno proprio.
Nel frattempo sono al lavoro tutti quelli che sperano di poter almeno ricompattare il partito democratico in vista del voto. Ieri si è insediata la commissione che dovrebbe esaminare le richieste della minoranza del partito e vedere se è possibile raggiungere un accordo. Secondo alcuni, Gianni Cuperlo potrebbe essere disponibile ad un compromesso, e in questo caso la sinistra si spaccherebbe ulteriormente: dopo il sì di esponenti autorevoli come Fassino, la Finocchiaro, Martina e Damiano, se anche Cuperlo si lasciasse convincere a dare il proprio voto favorevole alle riforme in cambio di una modifica sostanziale della legge elettorale, allora davvero Bersani e D’ Alema sarebbero ancor più minoranza.

Quanto a D’ Alema, l’ impressione è che lui ormai se ne infischi di come vanno le cose nel suo partito: si muove come un estraneo, talmente ostile al segretario-premier da ignorare anche le reprimende che gli arrivano dal Pse: l’ organismo europeo di cui lui è presidente si è all’ unanimità schierato per il sì e ha definito le posizioni dalemiane come personali. Insomma, D’ Alema combatte una battaglia sempre più solitaria che tuttavia lui spera possa rivelarsi vittoriosa. «Ma Matteo non si dimetterà mai dal governo, non è come me» ha detto scuotendo la testa.

«Matteo» reduce dal trionfo washingtoniano, dall’ endorsement di Obama e dall’ apertura di un possibile rapporto preferenziale tra Italia e Stati Uniti, in questo momento è impegnato soprattutto a battere sul ferro della politica economica europea da cambiare, anzi da rivoltare come un calzino. «La condizione della Ue preoccupa il mondo» ha detto alla riunione degli europarlamentari italiani. Toni duri sono la facciata pubblica delle trattative riservate in corso con la Commissione per ottenere il via libera alla manovra economica che sfora i tetti del rapporto deficit-Pil. Renzi è convinto che alzare la voce gli possa portare il risultato. Ma più di questo lo aiuterà la paura di Bruxelles di fronte a una ondata populista che potrebbe invadere l’ Italia se il governo di centrosinistra perdesse il referendum. Così è verosimile che anche Junker farà ogni sforzo per non indebolire il premier italiano.

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