Salutiamo quest’anno
con 5 buone notizie

Chiudiamo il 2020 con una certezza, molte domande, un po’ di buone notizie. La certezza. Voltiamo finalmente pagina su un anno terribile, che ricorderemo nel tempo per i suoi silenzi, il vuoto, la solitudine, i lutti. Lo salutiamo senza nessun rimpianto. Molte domande. Sono quelle sull’anno che verrà, sul mondo (incrociamo le dita!) post pandemia. Sarà un mondo con una economia crescentemente a due velocità? L’aumento di disuguaglianze e povertà genererà nuove instabilità e maggiori migrazioni? Come pagheremo i debiti accumulati in questi mesi? Ci saranno diffusi default fra i Paesi emergenti? La «sorprendente»risposta europea del Recovery sarà l’inizio di una nuova Europa? Chi prenderà il posto della Merkel alla guida di una Germania sempre più leader incontrastata del vecchio continente? Che ruolo giocherà l’America di Biden? Che ne sarà della pace fra Israele e i Paesi arabi? Porterà pace anche fra Israele e Palestina? E la Cina: continuerà la sua inarrestabile ascesa? Sono solo alcune delle «sfide» del 2021, su cui dovremo tenere gli occhi puntati nell’anno che si apre.

Ma siamo tutti un po’ stanchi di sfide e di minacce dopo questo annus horribilis; tutti alla ricerca di qualche opportunità, segnale di speranza, buone notizie. Ed è quindi su cinque buone notizie del nuovo anno che accendiamo i riflettori di questo giorno simbolico di transizione fra un anno e l’altro.

1) Sarà l’anno del vaccino e, con il vaccino, del graduale ritorno alla normalità.Certo: non sarà facile vaccinare miliardi di abitanti del pianeta come non sarà facile convincere i paladini del no vax sulle ragioni della scienza. Vedremo sicuramente in scena, anzi stiamo già vedendo in scena, una feroce competizione fra Paesi e dentro i Paesi, per accaparrarsi le dosi. Ma affrontare questa «gara» e le sfide logistiche della distribuzione di miliardi di dosi è certamente meglio che affrontare quelle per allestire ospedali da campo in tutta fretta. E competere fra di noi per un vaccino che ci fa uscire dall’emergenza è certamente meglio che rubarci l’un l’altro mascherine e ventilatori come abbiamo fatto prima dell’estate.

2) Sarà l’anno del piano di ripresa europeo. Certo: non sarà facile, ci saranno ancora ostacoli dopo quelli di Ungheria e Polonia, i soldi non arriveranno tutti e subito, dovremo saperli spendere bene e con rapidità. Ma meglio affrontare sfide negoziali per ottenere miliardi di aiuti e prestiti straordinari che litigarci – fra europei – per la ridistribuzione di poche centinaia di migranti, come l’Europa di ieri – che speriamo rimanga tale - ha fatto a lungo. Se il Recovery Plan funzionasse, non solo avremo qualche speranza in più sul futuro della nostra economia ma anche speranza in più sul futuro dell’Europa. Un’Europa benigna e solidale, più vicina ai bisogni di cittadini, più in grado di affrontare le tante altre sfide che ci aspettano.

3) Sarà l’anno di Biden e Kamala. Certo: non dobbiamo illuderci che Biden risolva tutti i problemi del mondo, dell’Europa, dell’Italia. Sarà – come è ovvio – il presidente degli americani, farà – come è ovvio – gli interessi dei suoi elettori, avrà – con un Senato probabilmente repubblicano – poteri limitati nell’attuare il suo programma. Ma con Biden alla Casa Bianca torniamo alla «normalità» dopo la «tempesta» Trump: la normalità di un dialogo tra alleati che talvolta trovano accordi, altre volte gestiscono disaccordi. Troveremo accordi quasi certamente su clima, multilateralismo, e sul ritorno all’accordo nucleare con l’Iran. Gestiremo, molto probabilmente, divergenze sulle relazioni con la Cina e magari anche sul commercio internazionale. Ma la normalità è comunque una buona notizia dopo tanta eccezionalità e incertezza.

4) Sarà, anche grazie a Biden, l’anno della decisa svolta green del pianeta. Certo: non sarà facile mantenere la priorità green nelle agende di individui, aziende e Stati, tutti alle prese con le ferite della crisi economica. Primum vivere deinde philosophari… e per molti la sopravvivenza di oggi (quella economica) potrà apparire più urgente di quella di «domani», di quella ambientale. Ma il recovery europeo fortemente condizionato all’ambiente e gli annunci americani e cinesi delle scorse settimane fanno ben sperare che dalle parole si passi ai fatti. Finalmente.

5) Sarà l’anno della ripresa. Certo: fare peggio del 2020 sarebbe difficile, si può solo fare meglio. E certo non sappiamo ancora quanto rapida sarà la ripresa,quanto ci vorrà a tornare alla normalità pre-crisi, con quanta sofferenza per i giovani, le fasce più deboli della nostra società. Ma dobbiamo sperare che i primi segnali di normalità sanitaria e di riavvio dell’economia sappiano risvegliare il gusto di intraprendere e di innovare che è in noi, ma che è in questo momento è seppellito dal lutto e dalla depressione di questi mesi terribili. Anche per questo oggi abbiamo bisogno di buone notizie. Per accendere la speranza , per risvegliare la passione e la voglia di ripartire, per ricucire lentamente le molte ferite. Senza negare i problemi e le sfide che, volenti o nolenti, si presenteranno davanti a noi anche nell’anno che inizia domani.

© RIPRODUZIONE RISERVATA