Salvini e le Pen
gemelli populisti

In tempi di paure collettive il congresso di questi giorni, a Lione, del Fronte nazionale di Marine Le Pen va osservato con critica attenzione. Questo partito è il progenitore di tutte le destre populiste europee e si candida ad essere il punto di riferimento di coloro che sono contro l’Europa. Il confine dell’euroscetticismo è già stato superato.L’ultimo shopping riguarda il gemellaggio con la Lega di Matteo Salvini, ringalluzzita dal successo alle regionali in Emilia Romagna. Il capo leghista, si sa, ha compiuto un ribaltone trasformando un partito nordista e a suo tempo secessionista in un’armata nazional-nazionalista spostando così il timone a tutta destra.

Madame Marine, la zarina che tifa Putin, con il 25% alle europee guida oggi il primo partito in Francia e riflette lo spirito dei tempi: uno spostamento a destra delle sensibilità collettive (al di là delle oscillazioni elettorali). Questa tendenza ce la ricordano sia l’annunciata crescita dell’area radicale quasi ovunque in Europa, sia lo sdoganamento nei confronti di questi radicalismi che, archiviato il passato impresentabile e rifattisi il trucco, non destano più scandalo, in quanto si collocherebbero semplicemente in un anticonformismo ribelle, ovvero nel «politicamente scorretto».

Il perdurare della crisi economica e le politiche di questa Europa, quella attuale e non quella che vorremmo, hanno in qualche misura anestetizzato gli aspetti negativi del lepenismo e affini che si muovono nell’estremo lembo della convivenza civile: xenofobia, lotta all’immigrazione e alla cultura islamica nel quadro dello scontro di civiltà, protezionismo e ossessiva identità nazionale (lo Stato sociale solo per i nostri cittadini). Un corredo nazionalista che mortifica la cultura e la pratica dei diritti per cui l’Europa va orgogliosa nel mondo. Una deriva rilanciata da vecchi e nuovi imprenditori politici della paura, che godono di un buon margine di manovra perché le società sono in perdita generalizzata di punti di riferimento. Quel che ha cambiato il quadro a favore dei populisti, quasi un invito a nozze, è l’Europa che non va, al punto che è lo stesso progetto europeo ad essere messo in discussione. La protesta contro Bruxelles, in qualche modo legittimità dalla severità punitiva della potenza egemone tedesca, dice con chiarezza che le istituzioni comunitarie hanno urgente necessità di più democrazia per riconciliarsi con i cittadini e un disperato bisogno di crescita e occupazione, tuttora ostacolate dalle pur necessarie politiche di bilancio. Anche la destra con l’elmetto, dai toni cupi e apocalittici, ha studiato Gramsci: per vincere nell’urna bisogna vincere la battaglia delle idee. Spostando il bersaglio sull’Europa, con il progetto di referendum sull’euro, reclutando il grido di disperazione dei ceti popolari che un tempo votavano a sinistra, il caposcuola del Fronte nazionale, e con lui un po’ tutti i partiti fratelli, entrano nella fase 2. Fatta pulizia dei ferrivecchi, rottamata la pionieristica classe dirigente, si predispongono ad allargare il proprio richiamo identitario ad un elettorato più vasto di quello tradizionale, riassuntivo di quella parte crescente della società che coglie solo i danni di un’integrazione mal costruita e mal governata. Non è un caso che un terzo degli elettori di Madame Marine alle europee sia sotto i 35 anni e che il vivaio sia composto in prevalenza da giovani istruiti e borghesi: figli della crisi, in cerca del capopolo e trasgressioni. Per essere precisi: non sono mondi virtuali, ma ben strutturati nelle pieghe sociali. In grado di sovrapporre al tradizionale proletariato urbano, dei perdenti della globalizzazione e dei dimenticati da tutti, pezzi di borghesia reazionaria in cerca di rivincita, spezzoni di tecnocrazia e filoni accademici. Quel che era border line ha così le carte per proporsi al passo con i tempi: una modernizzazione con gli strumenti dell’antimodernità, che promuoverebbe l’ultradestra da estremista a patriota.

Un problema in più per una democrazia con la febbre e una questione aggiuntiva per la destra liberale. Da qui in poi è infatti possibile che s’affacci una competizione fra le due destre: l’una moderata e l’altra estrema. Con la prima, già da ora in seria difficoltà (vedi Berlusconi e l’irrilevanza di Forza Italia e la stretta anti immigrati dell’inglese Cameron) e che rischia di subire l’iniziativa della seconda, in quanto si ritiene in ritardo sulla presa di un inquieto universo che le sfugge di mano: perdendo così i consensi e l’anima.

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