Viviamo il Natale
senza scappare

Arriva il Natale e nella memoria di tutti parte una valanga di ricordi e di desideri. I ricordi sono quelli del Natale perduto, quello dell’infanzia e del passato, struggente e bellissimo, bellissimo proprio perché perduto. I desideri sono quelli, figli dei ricordi, che vorrebbero per oggi un Natale tranquillo, in pace, in casa e con i propri parenti, con i vicini e con gli amici, in Italia e nel mondo intero.

Quando non si è in accordo con le persone vicine, oppure, quando la guerra fa arrivare fino a casa nostra l’eco delle sue cannonate, si ha la dolorosa sensazione di un Natale rubato. Così è anche quest’anno. Il guaio è, però, che il Natale è sempre rubato, perché non c’è mai la pace. L’unico lusso che ci possiamo permettere è quello di dimenticare le guerre lontane per goderci la pace vicina. Ma anche questo, spesso, non è possibile perché i contrasti ci sono dappertutto, anche in casa. E quando non è in casa è con i vicini di casa. E tutta la situazione sociale mette ansia. Nel quartiere dove vivo, in questi giorni, ci sono stati decine di furti. Come si fa a vivere sereni quando la realtà ci richiama, così frequentemente e così bruscamente, a prendere atto?

In tutto questo trambusto il credente si trova a ripetersi e a sentirsi ripetere il racconto della vergine, del viaggio a Betlemme, della nascita, degli angeli, dei pastori… e corre sempre il rischio, anche lui, credente, di usare quel racconto come consolazione alla sua ansia e antidoto ai suoi dolori. Almeno per un istante è possibile fuggire lontano, sognare, diventare ancora bambini, controbilanciare le ansie per quello che capita oggi con il sogno per quello che è capitato ieri. Insomma il sogno del Natale è possibile grazie a un processo di allontanamento: per evitare che il Natale mi venga rubato, lo sottraggo, come faccio in casa con le cose preziose: le nascondo perché i ladri non me le portino via. Avviene come se, invece di usare il cannocchiale per vedere più da vicino, avessimo deciso di usarlo alla rovescia per vedere più di lontano. Il Natale così come lo sentiamo di solito, o come rischiamo di sentirlo, è il nostro cannocchiale alla rovescia o, se preferiamo, il nostro paradiso terrestre: bellissimo perché lontanissimo.

Ora il senso del Natale così come è raccontato dai vangeli di Matteo e di Luca non va precisamente in questa direzione. I testi del vangelo sono tutt’altro che una favola: sono un dramma, anzi, un dramma pieno di angoscia. Il piccolo di Betlemme nasce lontano da casa per via di un adempimento burocratico imposto dall’imperatore di Roma. Così Luca. Matteo aggiunge di una persecuzione, appena subito dopo la nascita, per opera del signorotto locale, Erode, che vorrebbe uccidere il neonato perché gli hanno detto che quel bambino potrebbe essere il re di Israele e, quindi, suo potenziale concorrente. Insomma il Natale non è un fuggire lontano dalla vita, ma un andarci dentro fino in fondo. Semmai il bambino di Betlemme, proprio perché si immerge, da bambino, fino in fondo nella vita degli uomini, contesta, degli uomini, i loro sogni di potenza, le loro violenze. «Pace in terra agli uomini amati da Dio» significa anche che se gli uomini davvero si sentissero tutti figli, un po’ meno potenti e un po’ più bambini, diventerebbero, per forza di cose, fratelli. Si ricordano, soprattutto a Natale, certi «rovesciamenti» paradossali: «Si è installato l’eternità nel tempo, l’incommensurabile nella misura, il creatore nella creatura, l’ineffabile nella parola, l’incontornabile in un luogo, l’invisibile negli occhi degli uomini…» (Pierre Michon, «Le corps du roi»). Tutti paradossi che portano a una conseguenza: se gli uomini facessero come fa Dio, si rovescerebbero tutti i rapporti di forza e sarebbe possibile vivere in pace. Il Natale, così come è scritto, non è fuggire su un mondo che non esiste, dunque, ma vivere in maniera nuova nel mondo che esiste.

È difficile e di solito, quasi sempre, non si fa. È importante, però, che qualcuno, che continua a credere che Dio è proprio un bambino, continui a dire che sarebbe bello se si facesse.

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