Bocialeaks

Fu certamente pizza margherita con mozzarella di bufala, la mia preferita, quel giorno al Vesuvio di fronte a Claudio Galimberti detto il Bocia. Mi è sempre interessato il mondo delle curve, me n’ero occupato da Italia 90 (gli hooligans) al caso Spagnolo, ragazzo ucciso a Genova dalla banda del Barbour. Preistoria.

Ma davanti agli ultrà dell’Atalanta si è riaperto il file. Il senso del giornalismo è provare a capire per provare a spiegare ai lettori. Ricordo che il Bocia non comprendeva la linea della fermezza del giornale contro la violenza. Linea portata avanti (leggere le raccolte, please) fra insulti scritti sui muri, striscioni allo stadio e minacce anonime, mentre le istituzioni locali fischiettavano alla luna. E in consiglio comunale le mani tremavano a tal punto da non riuscire neppure a firmare un ordine del giorno sul tema.

Ebbi la sensazione d’avere davanti un uomo furbo, un Bertoldo che porta a spasso col guinzaglio concetti arruffati. Stessa impressione qualche tempo dopo, quando gli offrii un caffè per evitare escandescenze davanti alla sede del giornale. Ci siamo lasciati sulle nostre posizioni, altro che scuse e interpretazioni da Bocialeaks. Ci divideranno sempre la Bergamo che brucia e la violenza. In Tribunale siamo seduti su banchi opposti. Serve altro? Ai tempi di Tangentopoli coinvolgere più gente possibile per legittimarsi e non pagare pegno si chiamava «strategia del ventilatore». Gli schizzi di fango arrivavano a chiunque. Forse il Bocia non lo sa. Più strano che non lo sappia il suo avvocato.

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