Diversamente vincitori

Hanno diversamente vinto. Tutti. Ricordate le recenti elezioni inglesi dopo le quali Miliband, Clegg e Farage si sono dimessi nel giro di 24 ore? D’accordo, si trattava di politiche totali e non di regionali (molto) parziali, ma l’approccio anglosassone alla cosa pubblica resta, per noi, di un altro pianeta. Prendiamo l’esito delle nostre elezioncine fra impresentabili, improbabili e improponibili.

Ha vinto il Pd renziano ed è difficile contestare il dato davanti a un 5-2, anche se percentuali e votanti e flussi (ai nostri analisti piace mettere insieme le mele con le pere) dicono che il premier dovrebbe preoccuparsi. Ha vinto Forza Italia che – pur scesa in alcune regioni a percentuali imbarazzanti – ha posto la bandierina sulla Liguria grazie a una campagna elettorale intelligente di Giovanni Toti e al suicidio politico della sinistra minoritaria guidata all’ultima disfatta dall’inossidabile Cofferati.

Ha vinto la Lega di Salvini, che ha riconfermato Zaia a valanga in Veneto contro un candidato fragile come lady like Moretti, e ha portato a casa inattesi consensi persino in Toscana e in Umbria. Ora detterà condizioni di leadership a Berlusconi e sarà molto difficile per il Cavaliere sia sottrarsi alle sue richieste, sia convincere i moderati a seguirlo dentro una felpa. Hanno vinto Vendola e Civati (a loro dire), soddisfatti d’aver fatto perdere quote al Pd di Renzi. Ha vinto ovviamente Grillo, che ha aumentato consensi ma non ha portato a casa nessuna Regione (7-0). Ha fatto sapere che non accetterà «nessuna alleanza, nessun inciucio» e sembra così deciso a tornare in freezer con i suoi voti. Il magma è ai massimi livelli. C’è ancora qualcuno ad aver vinto? Probabile. In Italia non contano i numeri, ma gli occhiali con i quali vengono osservati.

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