Gol di Hoeness al 90’

Giorgio Gandola

L’ultimo gol, senza esultare. Uli Hoeness era un grande calciatore, poi è diventato un grasso e autorevole dirigente, infine un clamoroso evasore fiscale. Ventisette milioni di euro non sono spiccioli.

L’ultimo gol, senza esultare. Uli Hoeness era un grande calciatore, poi è diventato un grasso e autorevole dirigente, infine un clamoroso evasore fiscale. Ventisette milioni di euro non sono spiccioli.

Un giudice tedesco lo ha condannato a tre anni e sei mesi di carcere e lui - presidente del Bayern Monaco dopo essere stato campione del mondo nel 1974 e campione d’Europa nel 1972 - ha deciso di andarci. «Ho chiesto ai miei avvocati di non presentare appello alla sentenza, in linea con la mia idea di decenza. Evadere le tasse è stato l’errore della mia vita, affronto le conseguenze di questo errore».

Il manager tedesco rinuncia a difendersi e va in carcere dopo aver ammesso di avere frodato il Fisco. Davanti al pm che lo interrogava per l’elusione di 8 milioni, lui ha allargato le braccia e ha confessato di averne fatti sparire altri 15 su un conto cifrato in Svizzera. Roba da tedeschi. Qualcuno dice che sono l’altra metà di noi italiani.

Herr Hoeness sa che, una volta scoperto, continuare ad ingannare tutti con ricorsi, cavilli e plotoni di avvocati sarebbe meschino. Hoeness ha 62 anni, tanto tempo è passato da quando scattava verso l’area di rigore con i capelli biondi e i basettoni per offrire a Gerd Muller palloni d’oro da trasformare in gol. Hoeness fu capace di zittire Wembley, non ha zittito la sua coscienza, che al novantesimo gli ha sussurrato come uscire dal campo. In carcere, senza difendersi, con una buona dose di dignità. Ne conosciamo altri che l’hanno fatto?

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