I polli di Renzi

di Giorgio Gandola

Matteo mani di forbice. Niente cinema, qui si parla di risparmi, e in particolare di quelli che il neosegretario del Pd, Renzi, pensa di ottenere costringendo i 150 dipendenti della sede del Nazareno a timbrare il cartellino.

Matteo mani di forbice. Niente cinema, qui si parla di risparmi, e in particolare di quelli che il neosegretario del Pd, Renzi, pensa di ottenere costringendo i 150 dipendenti della sede del Nazareno a timbrare il cartellino. Il partito ha 7 milioni di euro di perdite e con la chiusura dei rubinetti del finanziamento pubblico la situazione non potrà che peggiorare. Di conseguenza il sindaco di Firenze comincia con il chiedere maggior produttività ai funzionari e per farlo pretende (dal tre febbraio) che l’orario di lavoro venga quantomeno rispettato. Un ragionamento normale, persino banale in un’azienda privata, ma che nei santuari politici della capitale non ha mai avuto molto seguito.

A Roma la grande bellezza è farsi accarezzare dal ponentino, tanto c’è chi paga. Ora non è più così, la crisi ha cambiato il mondo e il modo di pensare. Intelligenza non significa far finta di niente, ma adeguarsi.

Così Renzi sta sorpassando Letta e i suoi ministri, che si aggirano come polli senza sapere dove andare a beccare. Mentre il governo continua a parlare d’altro e non ha ancora messo mano alle forbici per fare la sfumatura alta a prebende e privilegi della classe politica (il commissario alla spending review Cottarelli ha cominciato da palazzo Chigi ed è stato invitato ad andarci piano), ecco che il segretario del partito di maggioranza prova a incidere nel costoso apparato. Renzi ha scoperto che ognuno dei 150 dipendenti del Pd costa in media 67.000 euro e si è allarmato. Da qui la decisione di provare ad aumentarne almeno la produttività. Un dinamismo pazzesco quello del segretario. Lui spera che sia anche contagioso.

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