La deriva dei professori

di Giorgio Gandola

Mentre il paese cerca Dell’Utri e Grillo misura il tempo che le Tv dedicano a Renzi, pensiamo d’avere capito perché il presidente del Consiglio che ha sostituito il flemmatico Enrico Letta ha così fretta.

Mentre il paese cerca Dell’Utri e Grillo misura il tempo che le Tv dedicano a Renzi, pensiamo d’avere capito perché il presidente del Consiglio che ha sostituito il flemmatico Enrico Letta ha così fretta.

Questione di numeri: quando la Grecia sprofondò aveva un rapporto fra debito pubblico e pil del 148%, noi oggi siamo al 135%. La percentuale era al 120% prima della micidiale cura Monti e adesso, nonostante alcune sforbiciate e progetti concreti di spending review, è salito di altri 15 punti.

La notizia è ferale e conferma che ancora troppo poco è stato fatto sul terreno delle riforme. Dire la verità è sempre scomodo, dirla a un popolo che negli ultimi quattro anni è stato stritolato dalle tasse (ormai al 52% del lordo tutto compreso) è ancora più doloroso. Non rimane che una via d’uscita, abbattere il deficit pubblico. E poichè a ingigantirlo è stato lo Stato, sarà l’apparato statale a doversi sobbarcare l’onere di alleviarlo.

Dismissioni, sacrifici, tagli, cure dimagranti: sarà il caso di mettere all’ordine del giorno un decreto salvagente per non rischiare l’acqua alla gola. I mercati finanziari sembrano tranquilli, lo spread è bassissimo e anche l’ultima asta del Tesoro ha fruttato nove miliardi. Ma se dovesse cambiare il vento, se un nuovo fortunale dovesse abbattersi sui titoli sovrani, per l’Italia sarebbe un disastro. E in questo caso non potremmo neppure chiedere ai professori Zagrebelski e Rodotà di indicarci come uscirne. Sono troppo impegnati a difendere il Senato com’era negli anni Ottanta. Senza accorgersi che quel mondo non esiste più.

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