Lo 0,9% della massaia

Ormai è un riflesso condizionato come il martelletto sul ginocchio: arriva la manovra e le Regioni protestano. In qualche caso hanno ragione (soprattutto quelle con i conti a posto come la Lombardia) e in qualche altro no.

Per esempio Lazio, Campania, Calabria e Sicilia - perennemente in deficit e campioni di sprechi - non avrebbero alcun motivo di erigere barricate contro lo Stato che ogni fine anno ripiana loro i debiti. Un atto moralmente penalizzante nei confronti di quelle amministrazioni che stanno realizzando riforme virtuose. E proprio ieri è arrivato un decreto Salva Regioni.

Il campo di battaglia preferito dai governatori è la Sanità, perché sanno che tocca immediatamente il lato sensibile dei contribuenti facendo salire il livello di malcontento, quindi di solidarietà per chi protesta. Quest’anno il governo ha deciso di trasferire 111 miliardi, più che nella scorsa gestione, ma lo 0,9% in meno dei 112 richiesti. Da qui sono partite le scene di disperazione dei governatori e la solita minaccia fuori dal mondo: «Saranno i cittadini a pagare i tagli».

E questa è la parte più irritante del braccio di ferro. Quei cittadini che negli ultimi anni hanno pagato di tasca loro i sacrifici per la crisi, dovrebbero farlo ancora una volta per mantenere le sacche di privilegio della politica, della burocrazia e delle clientele regionali, che ogni giorno si rivelano pesanti e antistoriche. Ci stanno chiedendo di rinunciare a sacrosanti diritti sanitari perché le Regioni non riescono a risparmiare lo 0,9% del budget. C’è un che di grottesco in tutto questo; a risolvere il problema basterebbe una massaia.

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