Oltre la siepe

È indecifrabile questa Europa, più pronta ad accogliere i profughi seguendo dettami di umanità e solidarietà, che non a combattere chi ne produce migliaia ogni giorno. E fabbricati a mano. È strana questa Europa che giustamente riconosce la portata drammatica dell’effetto, ma non intende rimuovere le cause guardando oltre la siepe dell’ignavia.

Così (non) facendo, condanna chi non può partire dalla Siria, chi non ne ha forza o denaro o intraprendenza, a rischiare il massacro quotidiano. Sono ormai due anni che i guerriglieri neri dell’Isis mettono a ferro e fuoco la regione, tagliagole indisturbati o soltanto lievemente intimoriti da qualche drone americano e da qualche simbolico raid aereo.

L’Europa della civiltà non riesce ad andare oltre un dibattito sui principi. Non sa più essere una forza di controllo e di interposizione concreta in grado di proteggere i suoi cittadini e di sconfiggere sul campo un nemico dell’umanità. Sembra che i contabili di Bruxelles abbiano a cuore solo il pareggio di bilancio. Una vita a non sforare il tre per cento, senza ambizioni, senza prospettive.

E senza neppure la capacità di chiamare il mondo, attraverso l’Onu, a intervenire dove l’incendio è più pericoloso. Condannati ad essere mercanti irrilevanti, i Paesi europei sono al massimo costretti dagli americani ad allestire malvolentieri embarghi. Così, mentre Obama assaggia salmoni incontaminati in Alaska e mentre noi contiamo i profughi senza neppure domandarci quali siano le cause che li rendono tali, Putin si insedia in Siria. Basi, corridoi aerei dei Paesi amici e quei «consiglieri militari» intenti a montare missili che erano già famigerati a Cuba nel 1962.

È cominciata la partita a scacchi e lui è già in vantaggio. In certi casi i vecchi metodi sono i migliori.

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