Paralleli in alta quota

di Giorgio Gandola
Guardando le foto delle montagne di bagagli abbandonati a Fiumicino e leggendo la notizia della raffica di certificati medici in arrivo per paralizzare i servizi aeroportuali contro l’accordo con Etihad che salverebbe Alitalia dal fallimento ci sovviene ciò che accadde negli Stati Uniti il 3 agosto 1981.

Guardando le foto delle montagne di bagagli abbandonati a Fiumicino e leggendo la notizia della raffica di certificati medici in arrivo per paralizzare i servizi aeroportuali contro l’accordo con Etihad che salverebbe Alitalia dal fallimento (perde un milione di euro al giorno) ci sovviene ciò che accadde negli Stati Uniti il 3 agosto 1981.

Quella mattina quasi tutti i controllori di volo degli States (13.000 su 17.500) proclamarono sciopero. Chiedevano aumenti di stipendio e orari ridotti, e avevano deciso di farlo nei giorni più delicati per colpire con maggiore efficacia. Aerei a terra, passeggeri a bivaccare negli aeroporti, traffico merci a singhiozzo. Un danno da 30 miliardi di dollari. Nessuno fino a quel momento aveva avuto l’ardire di mettersi contro le potentissime Unions, il presidente Ronald Reagan lo fece. Intimò ai controllori di volo di rientrare al lavoro entro 48 ore altrimenti li avrebbe licenziati. Il Congresso rimase allibito, i leader della protesta pensarono a un bluff.

Il 5 agosto Reagan licenziò 11.359 dipendenti federali. E lo fece citando il suo mito politico, il presidente Calvin Coolidge: «Non c’è diritto di sciopero contro la sicurezza pubblica per nessuno, in nessun luogo, in nessun momento». Si temeva il collasso e invece la mossa funzionò: 3000 supervisori rinforzarono il parco dei controllori che non avevano aderito alla protesta, 900 militari vennero utilizzati per le mansioni civili. E nei giorni successivi arrivarono 45.000 domande di assunzione. Il traffico tornò alla normalità, gli americani capirono e cominciarono a vedere sotto una luce diversa l’ex attore di Hollywood. Nascevano le Reaganomics. Altri tempi, altre valigie.

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