Perso l’aereo, non si perda il treno

Treno batte aereo, quindi, soprattutto nelle distanze inferiori ai 600 chilometri: Michael O’Leary, patron di Ryanair ne è convinto a tal punto dall’aver comunicato da tempo a Sacbo, la società che gestisce l’aeroporto di Orio al Serio, la propria intenzione di rinunciare al volo per Ciampino da aprile.

Quando Mauro Moretti ha lanciato l’Alta velocità ferroviaria, lo slogan usato è stato efficace come pochi: «La metropolitana d’Italia». Un nuovo asse di trasporto in grado di avvicinare come non mai il Paese, riducendo le distanze come solo l’Autostrada del Sole ha saputo fare. In ogni realtà che ha sperimentato l’Alta velocità ferroviaria c’è un effetto comune: la netta riduzione, talvolta la scomparsa, del corrispondente collegamento aereo. Treno batte aereo, quindi, soprattutto nelle distanze inferiori ai 600 chilometri: Michael O’Leary, patron di Ryanair ne è convinto a tal punto dall’aver comunicato da tempo a Sacbo, la società che gestisce l’aeroporto di Orio al Serio, la propria intenzione di rinunciare al volo per Ciampino da aprile. Perché la Milano-Roma ha in tutto e per tutto replicato gli effetti già noti (ed attesi) della Parigi-Lione o della Madrid-Barcellona: l’Alta velocità ha stracciato l’offerta delle compagnie aeree. E non stiamo parlando della catatonica Alitalia versione 1 e 2, ma di Iberia e (soprattutto) Air France.

Non ci sono altre spiegazioni né dietrologie dietro alla decisione di O’Leary: troppa l’offerta e la competizione su un’asse come il Milano-Roma. Trentamila posti ogni giorno tra treno ed aereo, 20 mila offerti dai Frecciarossa. In un periodo di ripensamenti e riposizionamenti sul mercato, quei 3 voli giornalieri per Roma servivano altrove, su tratte più redditizie: perché tra quelle nazionali operate dagli irlandesi volanti, Ciampino era la meno interessante dal punto di vista economico e strategico. E per loro poco importa che, visti dal lato dei passeggeri, gli aerei fossero quasi sempre pieni: gli assetti economici di una compagnia aerea sono molto più complessi, soprattutto quelli di una low cost avviata verso la fase 2. Come confermano diversi fattori: a) un aumento progressivo delle tariffe, se non medie, di punta; b) l’apertura alle agenzie di viaggio; c) l’apertura ai gruppi. Inoltre se è vero che O’Leary è competitivo come pochi, il suo business preferisce esercitarlo normalmente su rotte non in coabitazione. E sulla Milano-Roma dal suo punto di vista c’è fin troppa gente, a terra e in cielo.

La scelta di usare sempre il riferimento Milano e non Orio non è assolutamente casuale ma voluta: il nostro aeroporto è stabilmente inserito nel sistema milanese, e venduto come tale. Uno dei motivi indubbi del suo successo, unitamente all’altissimo livello di chi lavora, sta nella sua collocazione geografica. Il collegamento per la Capitale, dal punto di vista del mercato, non va quindi inteso come un servizio per Bergamo, ma una diversificazione dell’offerta sulla Milano-Roma tra gli scali del bacino milanese. O lombardo. Poi l’amarezza dei bergamaschi che lo usavano quotidianamente è comprensibile, ma il mercato segue assolutamente altre regole, come acutamente osservato da Ercole Galizzi, presidente di Confindustria. E non ci sono diritti di natura locale, tanto meno se frutto di una visione territoriale troppo spesso parcellizzata, che vede quasi sempre in un’infrastruttura un’occasione di isolamento del rivale invece che di relazioni più proficue e ridisegno degli assetti territoriali nel nome di una maggiore efficienza e collaborazione. Perché in un raggio di 50 km siamo tutti figli dello stesso destino.

Ma torniamo alla «metropolitana d’Italia», a quei 46 Frecciarossa (e ai 16 Italo) che ogni giorno collegano Milano con la Capitale in meno di 3 ore, destinate a scendere a 2 e mezzo con gli ultimi interventi sulla rete. Il traffico si è spostato su quella direttrice, ed è un dato incontrovertibile: come la necessità per Bergamo di lavorare su un link rapido e sicuro per Milano. La sfida del nostro territorio è agganciare con modalità rapide e frequenze certe la «metropolitana» di Moretti: perché il vero dramma di Bergamo è arrivarci, a Milano. Ma per certe distanze il futuro è il ferro, e su più piani: la risposta ad una mobilità privata a corto raggio sempre più insostenibile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, un servizio dignitoso alle migliaia di pendolari , è alimentare l’Alta velocità abbassandone così le tariffe. Perché il concetto dell’hub alimentato dagli spokes (raggi) non vale solo per gli aerei, ma anche per il ferro. E dopo aver perso l’aereo per Roma, Bergamo non deve perdere anche il treno.

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