Se le Poste decollano

Ma lei ha cambiato residenza! Adesso dobbiamo rifare tutto». A queste parole la coda in attesa viene attraversata da un sussulto di insofferenza tradotto in sbuffi e mugugni. Siamo in un ufficio postale luminoso e ben arredato.

«Ma lei ha cambiato residenza! Adesso dobbiamo rifare tutto». A queste parole la coda in attesa viene attraversata da un sussulto di insofferenza tradotto in sbuffi e mugugni. Siamo in un ufficio postale luminoso e ben arredato, ma delle quattro postazioni soltanto due sono operative. Una signora riceve raccomandate e consegna pacchi, l’altra fa tutto il resto. Ossia bollettini di imposte, ricariche di card, tessere telefoniche, versamenti su estero, libri di Peppa pig e ricettari di MasterChef.

È evidente che due persone non bastano. In realtà il terzo «comodo» c’è, ma fa altro: i prodotti postali. Vale a dire prestiti, mutui, libretti di risparmio, assicurazioni, fondi di investimento e tutto quanto offre la new economy. La gente si spazientisce: l’imprenditore mastica parolacce a mezza voce, la casalinga scalpita come se avesse lasciato l’arrosto nel forno, i pensionati si fanno aria con i fogli prestampati.

Una manager «tacco 12» dribbla una famiglia indiana parcheggiata dopo il terzo rinvio per aggiornamenti ed esplora: lei ci mette molto? E chi può dirlo? Una cliente infine sbotta e la sportellista replica con l’esplicita evidenza dei numeri.

Si scopre così che parte del personale è stato dirottato in altre sedi in emergenza. Intanto i vertici delle Poste pensano ad altre crisi, «investono» in Alitalia. Sarà la strategia per far decollare il servizio?

Gianlorenzo Barollo

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