AlbinoLeffe, finalmente Pelizzoli
«Dopo lo stop svolta mentale»

«Sì, sono tornato». Più delle parole sono gli occhi di Ivan Pelizzoli a raccontare la verità. E gli occhi brillano convinti, quasi cattivi, oltre l’equilibrismo dialettico di circostanza. Ivan sa bene che parlare di rinascita, nell’AlbinoLeffe del tango precario, può essere un boomerang e allora esce di pugno sui proclami. Ma se l’amaro 2-2 di Frosinone non è cicuta, il merito è soprattutto suo: due parate-monstre su Basso, un pomeriggio di soli picchi, infortunio e «papera» col Crotone respinti a mani aperte. È il regalo della Ciociaria: un pomeriggio di sole, due mesi da incubo evaporati.

Ivan, l’AlbinoLeffe gongola: Pelizzoli è tornato…
«A giocare sì, ma per tornare davvero non basta certo una partita. Serve continuità».

A Frosinone serviva una risposta: il vero Pelizzoli c’è? La risposta è stata più forte dell’attesa, anche della sua?
«Ho risposto presente, ho dimostrato di esserci, di stare bene, di essermi messo alle spalle l’infortunio che mi ha condizionato all’inizio».

E che aveva messo la Val Seriana in subbuglio: se Pelizzoli è questo...
«Ero penalizzato da questa gamba (la destra: strappo a fine settembre), il problema era solo questo. Ora si ricomincia daccapo, con un’idea chiara: che la partita di Frosinone sia solo l’inizio».

Il vecchio Pelizzoli era rimasto alla partita col Crotone, che ha segnato la fine della gestione Madonna e ha consegnato lei ai box: la rigiocherebbe, col senno di poi?
«Sì, perché se te lo chiede l’allenatore lo fai. Convivere con quell’errore è stato faticoso: se avessi parato quel tiro (sinistro di Gabionetta per l’1-1 finale) probabilmente avremmo vinto la partita e Madonna sarebbe rimasto. Mi è dispiaciuto, si era creato un buon rapporto e poi per me sono iniziati due mesi di sofferenza».

Fisica, psicologica, tecnica?
«Psicologica. Lo stop l’ho vissuto male, quando il professor Combi mi ha dato l’ok per riprendere a giocare la mia testa si è svuotata: la svolta è stata mentale».

La svolta a Frosinone è stato quell’uno-due su Basso? La sensazione è che lei volesse dare un segnale forte...
«Sì. La svolta è stata la parata sul primo tiro di Basso (destro al volo dentro l’area, con palla a scendere): sono stato bravo a restare in piedi fino all’ultimo e il resto è stata una conseguenza. Mi manca ancora l’abitudine alla velocità della palla, ma soprattutto mi brucia non essere riuscito a evitare il 2-2: partite come quelle di Frosinone vanno vinte».

Ma c’è il solito patatrac finale su calcio da fermo: è preoccupato da questo filone di gol beccati a difesa schierata?
«Mi preoccupa non portare a casa il risultato dopo partite di questo genere. Nel finale ci siamo un po’ "abbassati", ma dopo la gara col Modena serviva una reazione e la reazione c’è stata. Abbiamo dimostrato carattere e voglia, ora si tratta di far vedere che siamo quelli di Frosinone, non quelli col Modena».

Anche perché il calendario natalizio sembra un carico di carbone: Lecce, Grosseto, Salernitana, Empoli…
«Il peggio viene subito, col Lecce. I salentini davanti fanno paura (miglior attacco con 27 gol, ndr), conosciamo bene le qualità di Defendi, Fabiano, Giacomazzi e tutti gli altri. Ma se devo dire un nome dico Corvia (capocannoniere del Lecce con 6 gol): abbiamo giocato insieme nella Roma (2003-2005), si muove molto, è potente, ha un gran colpo di testa. Ce la dobbiamo giocare con cattiveria».

E con l’incubo del Comunale: 7 punti in 8 gare, una sola vittoria. Ma che succede a Bergamo?
«Credo sia un caso, anche se non avendo un pubblico numeroso il nostro è un fattore campo anomalo. Però è chiaro: non possiamo andare avanti così, in casa ci serve un colpaccio per cambiare aria».
 Simone Pesce

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