Saltata la trattativa con Percassi
Atalanta: il futuro è un'incognita

Niente cessione, a quanto pare non ci sono più margini di trattativa. La famiglia Ruggeri e il gruppo Percassi hanno interrotto i rapporti che sembravano destinati a portare un cambio di proprietà del pacchetto azionario dell'Atalanta.

Dopo alcuni incontri la trattativa si è interrotta, tra sabato sera e domenica mattina, per una chiara divergenza nella valutazione economica della società. È prevedibile che la «due diligence», cioè il controllo dei conti fatto dai possibili acquirenti, abbia portato a valutazioni della società diverse da quelle proposte dai venditori.

E la differenza di valutazione dev'essere risultata tale da sembrare incolmabile a tutti. Ovvio che, a quel punto, la trattativa si è interrotta. Quindi niente passaggio di proprietà dalla famiglia Ruggeri al gruppo Percassi. Perché più si cercano informazioni a riguardo, più emergono segnali negativi: non ci sono più margini, le parti non torneranno a parlarsi.

A questo punto, sfumata l'ipotesi Percassi, restano due scenari: o la trattativa della famiglia Ruggeri con un gruppo di investitori non bergamaschi, ipotesi che circola da tempo ma riguardo alla quale non si hanno riscontri, oppure la scelta dei Ruggeri di continuare con la gestione diretta della società.

Può essere che la famiglia, a fronte di offerte che considera inadeguate, decida di dare continuità alla gestione, quindi di proseguire alla guida dell'Atalanta. E, se la soluzione sarà questa, si tratterà di capire quali saranno i programmi per il futuro immediato.

Perché l'Atalanta in B da ormai parecchi decenni gioca sempre per vincere e dagli anni Ottanta quattro volte su cinque è tornata in A subito al primo tentativo (e una volta al secondo). E, considerata l'evoluzione delle dinamiche economiche nel calcio italiano, è facile dire che oggi più che mai tornare subito in serie A è vitale.

La differenza di incassi da diritti televisivi è clamorosa: da 20 milioni in A a 3 milioni in B. E se il primo anno c'è un «paracadute» che aiuta chi retrocede (l'Atalanta prenderà 7,5 milioni), poi sarà buio pesto. Chiaro, insomma, che l'Atalanta in B deve vincere e tornare subito in A, per non mettere a repentaglio il proprio futuro.

Detto questo, torniamo ai Ruggeri. Le prese di posizione ufficiali attese per inizio settimana come prevedibile avverranno al più tardi entro giovedì, dato che alle 11 proprio di giovedì in sede a Zingonia si riunirà il Consiglio d'Amministrazione. E lì il presidente Alessandro Ruggeri dirà la sua.

Poi, di conseguenza, sapremo quali saranno i progetti della società, con quali dirigenti i Ruggeri cercheranno di realizzarli, a cascata con quale allenatore e con quali giocatori. Ma è ovvio che allenatore e giocatori dipenderanno dai dirigenti e, prima ancora, dai progetti della proprietà.

In attesa di conoscere questi progetti, dato che adesso la trattativa Ruggeri-Percassi si è interrotta vien la voglia di fare due conti: ma quanto vale l'Atalanta? Ribadito che alla valutazione oggettiva dei bilanci bisogna comunque aggiungere una valutazione soggettiva riferita all'organico a disposizione, alcune considerazioni si possono fare, considerato il momento difficilissimo che si va ad attraversare dopo la retrocessione in serie B.

Il punto di partenza può essere il patrimonio netto della società: 12,4 milioni. Su questo dato incide però il risultato economico che abitualmente caratterizza la gestione. Diciamo allora che l'Atalanta, in serie A, mediamente comporta una perdita di gestione di 4-5 milioni regolarmente coperti con le plusvalenze di mercato.

È nel destino dell'Atalanta: vendere i gioielli per risanare i bilanci. La salvezza in A avrebbe tra l'altro portato benefici enormi, perché gli introiti da diritti televisivi sarebbero cresciuti di almeno il 30%, permettendo, da soli, di portare il bilancio addirittura in utile. E quindi di permettere investimenti ulteriori. La retrocessione in B, invece, fa crollare i diritti televisivi.

E le previsioni di bilancio sono impressionanti: 15 milioni di perdite d'esercizio tra l'esercizio che sta per chiudere (-3) e il prossimo da giocare in serie B (-12). E questi sono dati presentati al CdA, quindi dati seri. E questi 15 milioni bisogna recuperarli sul mercato, vendendo giocatori, oppure mettere soldi freschi in cassa. Perché bisogna comunque avere la squadra per vincere subito in B e tornare in A.

Altrimenti dal bilancio successivo mancheranno anche i 7,5 milioni di paracadute. Domanda: ma quanto vale una società di serie B che ha 12,4 milioni di patrimonio e rileverà 15 milioni di perdite da qui al 30 giugno 2011? E che se non viene subito in A perderà 7,5 milioni in più nell'esercizio successivo? Fate voi.
 Pietro Serina

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