Calcio nelle parti intime in partita:
difensore condannato a un anno

Ci sono voluti quasi sei anni, un dibattimento con 18 udienze, due magistrati e una lista testimoniale che era in pratica la somma delle formazioni delle due squadre. Ma alla fine è stato stabilito: il calcione rifilato dal difensore al centravanti avversario era un fallo di reazione, intenzionale, e non un normale scontro di gioco.

La punizione più lunga del mondo, fischiata sul campo alla vigilia dell'autunno 2004 contro l'attaccante (il primo a commettere l'irregolarità) e ribaltata nei giorni scorsi in un tribunale con la condanna a un anno (pena sospesa) per lesioni volontarie pluriaggravate inflitta a V. F., lo stopper che aveva sferrato la pedata nelle parti intime.

Un colpo così violento da provocare l'indebolimento permanente di un testicolo. Non essendo stato colto dal direttore di gara, latitando moviole a bordo campo ed essendo Tavernola-Oratorio Costa Mezzate, girone F della seconda categoria bergamasca, partita troppo periferica per rientrare nel menu dei vari processi televisivi del lunedì, martedì eccetera, l'episodio è finito per diventare un processo vero, con tanto di sentenza penale anziché un semplice provvedimento disciplinare.

La storiaccia si consuma il 19 settembre di sei anni fa sul campo comunale di Villongo, dove il Tavernola all'epoca disputava le partite interne. Gara nervosetta, in bilico fino all'ultimo, con gli ospiti che passano su rigore a 8' dal termine e i padroni di casa che pareggiano a tempo scaduto, conquistando così il primo punticino della stagione.

Ma più che il risultato finale è il grandguignol andato in scena durante l'incontro a lasciare strascichi. In particolare, il fallaccio subìto da M. C. che sfocia addirittura in una querela. È il centravanti dell'Oratorio Costa Mezzate a commettere per primo un'irregolarità sul suo marcatore (entrambi erano finiti a terra), tant'è che l'arbitro fischia la punizione a favore del Tavernola. Senza però accorgersi di quanto sarebbe accaduto subito dopo.

Secondo l'accusa, mentre M. C. si sta rialzando viene colpito con un calcio ai testicoli. Il centravanti s'accascia, si lamenta, forse s'aspetta un provvedimento del direttore di gara. Che però non ha visto nulla e fa proseguire il gioco. M. C. si rialza, stringe i denti e continua a giocare, ma poi, terminati il match e l'adrenalina che ha in corpo, comincia ad accusare dolori sempre più forti.

Tanto che il giorno successivo si rende necessario il ricovero in ospedale. I medici s'accorgono che la lesione è piuttosto seria e lo sottopongono a intervento chirurgico, durante il quale gli viene asportata parte di un testicolo. Nei confronti dello stopper viene così sporta denuncia, che pian piano si trasforma in rinvio a giudizio e poi in processo per lesioni gravi (la prognosi era superiore ai 60 giorni).

Il dibattimento comincia nel giugno del 2006 davanti a un giudice onorario (Got). Ma all'esito della perizia medica il reato s'aggrava: viene infatti stabilito che l'indebolimento del testicolo è permanente e che la capacità di procreazione per il centravanti s'è ridotta almeno del 50%. Le lesioni volontarie diventano pluriaggravate, materia non più per magistrati onorari ma per togati.

Il processo viene così assegnato al giudice monocratico di Grumello del Monte, chiamato a decidere fra la versione dell'accusa che chiede una condanna a 9 mesi, sostenendo l'intenzionalità della pedata, e quella della difesa impegnata a invocare la scriminante dell'esercizio dell'attività sportiva (e cioè, che il fallo è arrivato durante un normale scontro di gioco) e la conseguente assoluzione.

Il verdetto matura dopo 18 udienze: stopper riconosciuto colpevole e condannato pure a risarcire l'avversario, che s'era costituito parte civile con l'avvocato Marcello Brignoli, con una provvisionale di 30 mila euro. «Il mio assistito si dichiara soddisfatto della sentenza - afferma il legale - sia per quanto concerne il riconoscimento della penale responsabilità dell'imputato che della provvisionale stabilita negli stessi termini da noi richiesti. Valuteremo al momento opportuno e nelle competenti sedi civili ogni ulteriore azione ai fini della corretta e complessiva valutazione e liquidazione del danno patito dal cliente».

Insomma, visto pure che incombe il probabile ricorso in appello da parte della difesa, la partita giudiziaria pare destinata ai supplementari. Dopo il rigore più lungo del mondo, che in un racconto di Osvaldo Soriano fu calciato al termine di una settimana di tumulti, ecco la punizione più lunga della storia del calcio, fischiata su un campetto di provincia nel 2004 e battuta sei anni più tardi in un tribunale. Il primo consegnato all'eternità dalla prosa felice dello scrittore argentino, la seconda che rischia di fare la stessa fine ma per colpa della lentezza della giustizia italiana.
 Stefano Serpellini

© RIPRODUZIONE RISERVATA