Colantuono racconta: il fornaio
«ordinava» il 3-5-2 a Zamparini

Metti una sera alla Casa del Giovane con Stefano Colantuono davanti agli allenatori bergamaschi. Metti una chiacchierata di un'ora e mezza in cui si affrontano molti temi senza troppi peli sulla lingua. Colantuono sa tenere la scena, gli spunti non mancano.

Metti una sera alla Casa del Giovane con Stefano Colantuono davanti agli allenatori bergamaschi. Metti una chiacchierata di un'ora e mezza in cui si affrontano molti temi senza troppi peli sulla lingua. Colantuono sa tenere la scena, gli spunti non mancano.

«Io ci scherzo su: a inizio anno alla squadra ho detto: "Mi fate arrivare a mangiare il panettone?". Purtroppo gli allenatori sono l'anello più debole. E non c'è molta solidarietà tra di noi: c'è chi chiama i giornali per farsi mettere tra i sostituti di questo o quell'allenatore. Il mercato? Siamo attenti a tutto, ma ora parlarne è ingeneroso nei confronti dei miei giocatori».

«La gestione delle sconfitte? Dipende dai momenti. A volte devi essere più duro, a volte più tranquillo. Io prediligo il dialogo, ma quando serve ci sta anche l'entrata a piedi pari. In genere però preferisco tenere i toni alti quando le cose vanno bene. Quando vanno male sto più tranquillo, il giocatore è il primo a sapere quando fa una brutta figura».

«Prima del Padova c'era tensione, allora ho smorzato i toni: ho detto ai ragazzi che era una partita, non una guerra. Dopo il primo tempo di Piacenza invece avevo alzato un polverone, temevo che ci saremmo rilassati. Raccomandazioni alla squadra? Di solito dico di non staccare la spina. E il riscaldamento è fondamentale: da quello capisco in che giornata siamo. Se lo si fa così così, la partita va male».

«Il lavoro settimanale lo programmiamo, ma ascoltiamo molto anche le sensazioni dei giocatori. Io voglio allenamenti intensi, se perdono l'intensità allora preferisco fermarli. La tattica la facciamo quasi sempre, ma dipende dai momenti e mai più di 25-30 minuti: dopo il 3-0 di Empoli ci aspettava una settimana pesantissima, la tattica l'abbiamo ripassata ma non siamo andati nello specifico, pur cambiando sistema di gioco. In questi casi non serve rivedere gli errori della partita, i giocatori li hanno bene impressi».

«Il rapporto con i presidenti? Con Percassi è facile lavorare, c'è equilibrio. È un buon presidente, così come lo sono stati per me Cairo e Ruggeri. Il problema sono quei presidenti che ti martellano anche quando vinci. Zamparini non era mai contento, mi chiamava e voleva che giocassi col 3-5-2 solo perché gliel'aveva detto il suo amico fornaio. Gaucci mi avrà esonerato 5-6 volte all'intervallo delle partite, poi alla fine cambiava idea».

«Sulle palle inattive è questione di attenzione. Noi abbiamo avuto qualche problema, ma non così grandi come sono stati dipinti. Abbiamo preso solo due gol su punizioni laterali: a Piacenza e Empoli. Io sono arrivato e mi sono adattato a un modo già adottato, ora siamo tornati a uomo. I 4 che c'erano l'anno scorso tenevano bene la linea, gli altri non così abituati la falsavano. E difendendo così basta una sbavatura per prendere gol».

«Sulle palle inattive è importante la marcatura, ma i ragazzi che si affacciano in prima squadra non sanno marcare a uomo. Vedo in A gente che non sa marcare, guarda la palla e non l'uomo, è posizionata male col corpo. Bisognerebbe tornare a insegnare la marcatura classica. La marcatura a uomo secondo me stimola l'attenzione, la linea deresponsabilizza. O la fai bene o diventa controproducente».

Guido Maconi

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